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48_referendumL’attività delle trivelle attive entro le 12 miglia nautiche continuerà fino all’esaurimento dei giacimenti interessati. Questo è il risultato del referendum popolare indetto per il 17 aprile, che ha richiamato alle urne il 32.1% degli aventi diritto al voto, troppo pochi per raggiungere il quorum richiesto dalla legge.

I votanti hanno votato Sì nell’80% dei casi, un dato annunciato, che si rivela però inutile ai fini legislativi. Il premier Matteo Renzi ha commentato a caldo i risultati, affermando che non ha certamente vinto il governo, bensì i lavoratori impegnati nelle piattaforme. Chi ha vinto sono stati loro e il governo nutre il massimo rispetto per tutti coloro che hanno scelto di andare a votare, perché si tratta di un diritto innegabile e che nessuno potrà mai toccare.

A chi, nei scorsi giorni, aveva bollato il referendum di essere un’azione antiRenzi resta quindi un pugno di mosche in mano, un risultato che non si può valutare solo politicamente, perché molti sono i fattori che hanno concorso al non raggiungimento del quorum, anche la bella giornata di ieri e forse la scarsa partecipazione da parte di regioni poco toccate dall’argomento, come quelle dell’entroterra. 14 milioni di votanti sono in ogni caso un successo per il referendum e ci sono regioni, come la Puglia, che hanno deciso di non mollare l’osso e di proseguire nella lotta contro le trivelle.

Un appello a non smettere di lottare è arrivato anche dal Movimento 5 Stelle, che aveva calorosamente invitato gli elettori a votare per l’abolizione delle trivelle. Con un tweet e un comunicato sul blog del movimento è arrivato il ringraziamento agli elettori che hanno deciso di manifestare la loro volontà per un mare pulito e per la ricerca di fonti alternative alle fossili, nel nostro paese così come in tutto il mondo.

economia-2015-09-catalogna-elezioni-spreas-spagna-bigSi sono tenute ieri, domenica 27 settembre, le elezioni politiche in Catalogna, terra notoriamente molto ricca, che da anni annovera un forte fronte indipendentista fra le file dei politici al suo governo. Si tratta, anche per questa volta, di una vittoria a metà, in quanto la maggioranza dei catalani ha detto ‘no’ alla secessione, ma il fronte pro-indipendenza ha ottenuto una netta maggioranza dei seggi, 72 su 135, arrivando a toccare il 47.8% dei voti, un risultato elevato ma non sufficiente per dichiarare l’indipendenza della regione.

Il fronte pro indipendenza, formato da Junts per Sì e Cup, puntava ad ottenere una doppia maggioranza, sia di seggi che di voti, per recarsi al governo centrale di Madrid e affermare la volontà del popolo, ovvero quella di staccarsi dalla Spagna e correre da sola nel mondo come Stato completamente indipendente. Artur Mas, leader del movimento, ha quindi dovuto accettare questa vittoria a metà, che sicuramente ribadisce un sentimento di indipendenza molto forte, ma che non è bastata a dimostrare che la totalità dei cittadini catalani è d’accordo con le sue idee.

Secondo il leader, la Catalogna ha gettato le basi dell’indipendentismo e nelle prossime settimane verranno fondate le basi per quelle relative alla secessione dalla Spagna. Il leader ha affermato di avere vinto e quindi di disporre della legittimità che gli permette di portare avanti il progetto e di scrivere pagine ‘gloriose’ della storia della regione Catalana.

Stesso atteggiamento per il leader del Cup Antonio Banos, che ha twittato un addio allo Stato spagnolo. A Madrid la pensano però diversamente, in quanto il premier Mariano Rajoy ha dichiarato che lo Stato continuerà a garantire l’unità politica. Punti di vista diversi quindi, che ribadiscono una verità innegabile: sulla carta il governo di Madrid ha ragione, perché i numeri registrati al voto parlano chiaro, ma la Catalogna vuole diventare uno Stato indipendente e tante forze politiche stano concorrendo per attuare questa manovra, che da sogno si sta piano piano trasformando in una realtà sempre più vicina.

Facebook-vota-per-lEuropa-e-introduce-il-tasto-Io-sono-elettoreIl social network offre la possibilità nei paesi dell’Unione Europea, di condividere la decisione di esercitare il diritto al voto con il pulsante “Io sono un elettore” a queste elezioni Europee. Cliccando sul pulsante, gli amici sul social network possono visualizzare lo status di elettore, senza il particolare del partito per cui si è votato.

In Italia il pulsante verrà visualizzato domenica 25 maggio giorno delle votazioni. “Io sono un elettore” è già stato sperimentato in India e USA in concomitanza con le ultime elezioni, in India oltre un milione di persone hanno condiviso su Facebook il loro voto.

L’Unione Europea sperimenta per la prima volta il voto su Facebook ma il pulsante comparirà di volta in volta in tutti i paesi che andranno al voto a iniziare da:  Colombia, Corea del Sud, Indonesia, Svezia, Scozia, Nuova Zelanda e Brasile, per un totale nel 2014 che corrisponde al 42% della popolazione. Comparirà nuovamente negli Stati Uniti, durante le elezioni congressuali di metà mandato il prossimo novembre.

“Nel 2013 le elezioni sono state il secondo argomento più discusso su Facebook nel mondo. Con più di un terzo di votanti connessi a Facebook nell’Unione Europea, il pulsante “Sono un Elettore” è una delle funzioni più richieste dagli attivisti politici europei in campagna elettorale. Sappiamo da studi e ricerche che quando le persone vedono su Facebook che i loro amici hanno votato, sono più propensi a votare e partecipare alla vita politica” commenta Elizabeth Linder, Government and Politics specialist Facebook EMEA.  

Domani vedremo quanti anche in  Italia  voteranno  sui social network .

Napolitano-24-Febbraio-votoI cittadini italiani saranno chiamati a votare il 24 e 25 febbraio 2013 , lo rende noto lo stesso presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che accoglie le osservazioni avanzate dal ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri. Il presidente Napolitano, si legge in una nota diffusa dal Quirinale, ha “preso atto” delle valutazioni del ministro “circa la complessità e delicatezza degli adempimenti tecnici connessi al voto degli italiani all’estero, che inducono a ritenere la data del 24 febbraio per lo svolgimento delle prossime elezioni politiche più idonea per agevolare il compimento di tutti gli adempimenti necessari”.

 

Il Presidente Napolitano ribadisce infine: “In quanto alla conseguente indizione delle elezioni politiche, corrisponde alla prassi costante la fissazione della data in un momento intermedio tra il minimo di 45 giorni previsto dalla legge e il massimo di settanta fissato in Costituzione. È egualmente interesse del Paese che ci si attenga a tale prassi e non si prolunghi eccessivamente la campagna elettorale affinché possa ristabilirsi al più presto la piena funzionalità delle assemblee parlamentari e del governo in una fase sempre critica e densa di incognite per l’Italia”.