Una potenziale madre si pone il dilemma etico di una donna incinta di un bambino con sindrome di Down e ne parla su twitter con il biologo Richard Dawkins: “Non so cosa farei se sapessi di portare in grembo un figlio Down”. E Dawkins risponde: “Abortisci e riprova. Sarebbe immorale farlo nascere se puoi scegliere”.
Un aspro “ritenta, sarai più fortunata” che ha scatenato un vespaio di polemiche nel mezzo delle quali è emerso l’imbarazzo di coloro che solitamente sostengono Dawkins.
Sulla sua pagina Twitter sono seguiti una serie di commenti critici e ingiurie all’indirizzo del biologo, conosciuto in Gran Bretagna per la sua visione laica dell’esistenza e sempre impegnato per l’affermazione dei diritti civili che tuttavia, non hanno dissuaso il noto scienziato dal perseverare nella sua crociata a favore dell’aborto.
A un giorno di distanza dal tweet della discordia, Dawkins ha rincarato la dose scrivendo: “Se fossi una donna con un feto affetto da sindrome di Down abortirei. Se no, buona fortuna a voi, è la vostra decisione”. Poco dopo, è seguita questa precisazione: “Ovviamente non sono io a dire a una donna cosa fare”.
Che ci voglia coraggio e determinazione a portare avanti una gravidanza sapendo che il feto è affetto dalla sindrome in questione, è indiscutibile, e anche che le difficoltà con un figlio down saranno parecchie, tanto che la vita di una famiglia ne può rimanere profondamente segnata. Ma che un gesto d’amore, una volontà d’amore possano addirittura essere qualificati come immorali è inaccettabile.
Anche se la non nascita deve comunque essere un destino assai frequente dei feti malati di trisomia 21 , perché di neonati e bambini down in giro se ne vedono sempre meno.