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Il senatur, dallo scenario della festa della Lega di Podenzano, in provincia di Piacenza, ha, ancora una volta, proposto alla base pillole della più recente linea politica del partito del Carroccio.

Primo tema affrontato è stato il nodo piuttosto spinoso di Alfonso Papa, deputato del PdL coinvolto nella vicenda P4. Mostrando di aver cambiato idea in proposito per la terza volta, il senatur ha dichiarato: “Penso che la Lega voterà per il suo arresto”, aggiungendo poi: “Abbiamo lasciato passare la richiesta della sinistra, però qualche dubbio ce l’ho. Bisogna lasciare alla magistratura la possibilità di indagare, ma mai manette senza aver fatto prima il processo. Attenti a scelte sbagliate”.

Relativamente poi alla durata del governo, Umberto Bossi riconferma tutti i dubbi espressi, a più riprese, negli ultimi tempi: “Vedremo se alle prossime elezioni faremo ancora un accordo con Berlusconi o se andremo soli”, e ai giornalisti che gli chiedevano di formulare previsioni circa la durata dell’attuale coalizione di governo e, soprattutto, sulle possibilità di una sua sopravvivenza fino al 2013, il senatur ha risposto ironicamente: “Non sono mica un mago”.

E’ toccato poi alla manovra economica approvata di recente, cui non ha risparmiato critiche: “La manovra più o meno è passata, una brutta manovra arrivata quando sembrava che il mondo intero si fosse scatenato contro l’Italia”. Bossi ha poi precisato che tutti i mercati europei temevano di dover affrontare anche per l’Italia una situazione analoga a quella della Grecia, ma non ha risparmiato critiche all’Unione europea: “Gli irlandesi facevano padelle, la Grecia faceva poco, un po’ come il nostro Sud” e per questo, a suo parere, i conti non si riescono a pagare.

Per descrivere poi il clima rovente della politica di questi ultimi giorni, il leader della Lega ha poi aggiunto, in modo lapidario: “Questa settimana faceva caldo, 40 gradi fuori, ma anche 40 gradi all’interno della politica: è stato molto caldo, anche se Tremonti è un amico stavolta ci siamo scontrati molte volte” ed è poi passato ad affrontare un tema caro all’elettorato leghista, la riduzione degli stipendi dei parlamentari.

“Gli stipendi dei parlamentari sono stati ridotti di molto, sono stati portati alla media degli altri paesi europei”, ha sostenuto con fermezza Bossi con chi gli chiedeva interventi per la riduzione dei costi della politica. “Poi però – ha aggiunto – devi passare in Parlamento e se una cosa è contro gli interessi dei parlamentari come fai?”. Tuttavia, ha precisato il leader della Lega, “io la riduzione del numero dei parlamentari l’avevo fatta con la devolution, è stata la sinistra ad opporsi col referendum, hanno creato allarmismo tale, che la gente ha votato contro: adesso si pentono, ma era meglio capire le cose che avrebbero fatto risparmiare tempo e denaro al Paese”.

Andando poi a toccare un nervo scoperto della base, l’Umberto nazionale è passato al tema di “Roma ladrona” e al sindaco Alemanno non le ha certo mandate a dire:

“Farà la fine della Moratti” ha sentenziato Bossi e ha aggiunto: “Il sindaco di Roma non è mica cambiato: venda un po’ delle società che ha, perché il nord dovrebbe dargli i soldi?”. In questo modo molto chiaro, il leader del partito del Carroccio ha risposto alla richiesta di finanziamento del Comune di Roma che il governo, grazie alla Lega, ha respinto. E ha concluso “La fortuna di Roma è il Papa che attira gente da tutto il mondo”.

La conclusione coerente dell’intervento di Umberto Bossi doveva necessariamente passare per la secessione, definita dal leader della Lega come la migliore medicina:

“Tutti i mesi il povero Tremonti deve vender dei titoli di Stato, se non lo facesse non si pagherebbero più pensioni e ospedali: sarebbe un disastro. Arrivati a questo punto meglio far la secessione che andrebbe bene al sud e al nord, con patti chiari e amicizia lunga”.

Questa, in sintesi, la ricetta-provocazione del leader della Lega.

E oggi Silvio Berlusconi, dopo l’approvazione della manovra economica, sarà ricevuto da Napolitano.

Il tema dell’incontro? La tenuta del governo.

Il 27 e 28 luglio prossimo gli impianti di rifornimento carburanti sia di rete ordinaria sia di viabilita’ autostradale rimarranno chiusi. Lo comunica il Coordinamento Nazionale Unitario di Faib Confesercenti e Fegica Cisl per rispondere, affermano, alla ”blindatura” del Governo all’interno del decreto sulla manovra ”di un articolo sulla distribuzione carburanti che nulla ha a che vedere con i conti pubblici o la manovra finanziaria. Fatta salva ovviamente la necessita’ di una approvazione rapida della manovra che serve al Paese in questo difficile momento”.

Intanto nuovi aumenti questa mattina dei prezzi raccomandati sulla rete italiana. Nella media nazionale la benzina e’ ormai alla quota record di 1,63 euro/litro, mentre il diesel ha superato ampiamente quella di 1,5 euro/litro. Lo rileva Quotidiano energia nel consueto monitoraggio, precisando che i picchi massimi si registrano al Sud, dove la verde tocca 1,67 euro/litro mentre il gasolio sfiora 1,53 euro/litro.

Tra indiscrezioni diffuse dai suoi ‘gioielli della corona’, il Wall Street Journal a New York e a Londra il Times, di una possibile vendita delle testate superstiti di News International dopo la chiusura di News of the World, Rupert Murdoch ha rinunciato a BSkyB. La clamorosa marcia indietro del miliardario australiano da un affare che solo a marzo sembrava cosa fatta e’ stata annunciata dal vice presidente e chief operating officer Chase Carey, volato nella capitale britannica per alcune ore mentre il primo ministro David Cameron dava il via all’inchiesta indipendente su News International: ”Nel clima attuale era troppo difficile andare avanti”, ha detto Carey tra voci di un ribaltamento della successione che lo vedrebbero ereditare il ruolo di Ceo dal vecchio Murdoch ‘saltando’ l’ultimogenito ed erede apparente James la cui credibilita’ e’ stata irrimediabilmente erosa dallo scandalo delle intercettazioni.

News Corp possiede il 39 per cento di BSkyB e ne resta ”leale azionista” ma aveva messo gli occhi addosso al restante 61 per cento con l’obiettivo di integrare i servizi di tv satellitare con quelli dei suoi giornali di carta: un piano che almeno per ora e’ destinato a restare su un binario morto, anche se Carey si e’ premurato di far sapere che tra sei mesi News Corp potrebbe tornare alla carica come permettono i regolamenti della City. Ma di li’ ad allora sull’impero Murdoch potrebbe essere tramontato molte volte il sole. Gia’ martedi’ il miliardario, il figlio James e la pupilla Rebekah Brooks dovranno comparire, volenti o nolenti, davanti al Parlamento.

A spingere Murdoch alla ritirata su BSkyB potrebbe esser stata non solo l’azione di Westminster e dei politici del Regno Unito, improvvisamente liberi dal ‘guinzaglio’ a cui li teneva il tycoon, ma anche e soprattutto la minaccia del Senato americano di aprire un’inchiesta su News Corp negli Usa: ”Potrebbero saltar fuori reati penali”, ha anticipato il senatore Jay Rockefeller, indignato dalle sensazionali rivelazioni che i giornali di Murdoch avrebbero intercettato anche parenti delle vittime dell’11 settembre. Con l’intero gruppo in pericolo, anche i miliardi della piattaforma pay-tv potrebbero esser sembrati spiccioli. La marcia indietro su BSkyB e’ stata salutata con soddisfazione dalle forze politiche britanniche, che nelle ultime ore avevano trovato un’inedita coesione nel fronte anti-Murdoch.

”E’ una decisione benvenuta, ora Murdoch puo’ concentrasi a far pulizia, non pensare a takeover”, ha detto il primo ministro David Cameron saltato nelle ultime ore sul carro del suo vice Nick Clegg e del leader dell’opposizione Ed Miliband. Per Miliband, che oggi ha portato ai Comuni una mozione anti-Murdoch approvata per acclamazione, e’ stata una ”vittoria della gente e del Parlamento”.

Clegg, che aveva minacciato di spaccare la coalizione sul caso News of the World, ha parlato di una decisione ”ragionevole e sensibile”, mentre il suo vice Simon Hughes ha commentato a effetto che sull’impero Murdoch ”sta cominciando a tramontare il sole”. Fino a una settimana fa Murdoch aveva pensato che sarebbe bastato chiudere News of the World per contenere lo tsunami di indignazione che aveva investito le sue testate. Da allora ogni giorno ha portato nuove e sempre piu’ imbarazzanti rivelazioni sul comportamento dei giornalisti di News International – non solo a Notw ma anche al Sun e al Sunday Times – che rendono legittimo chiedersi se la retromarcia su BSkyB sara’ sufficiente a salvare l’impero. Potrebbe essere necessario sbarazzarsi di News International e a questo scopo – scrive il Wsj – sono stati fatti passi per esplorare possibili compratori. Senza successo pero, visto ”il clima attuale di crisi dei media”.

Intanto a Londra e’ scattata l’inchiesta: Cameron ne ha affidato la guida al Lord Justice Leveson, il magistrato che a meta’ anni Novanta mando’ all’ergastolo Rose Woods, una celebre serial killer. ”Una stampa libera e forte e’ uno strumento di controllo essenziale per la democrazia, ma le rivelazioni dei giorni scorsi impongono un domanda: chi custodisce i custodi?”.

La Giunta per le Autorizzazioni della Camera decidera’ domani mattina se dire ‘si’ o ‘no’ alla richiesta di autorizzazione all’arresto trasmessa dal Gip di Napoli nei confronti del deputato del Pdl, Alfonso Papa. La decisione di far slittare il voto, si spiega nella maggioranza, dipenderebbe sostanzialmente da due motivi: dare alla Lega piu’ tempo per decidere il da farsi(‘li terremo un po’ sulle spine”,ha detto oggi Umberto Bossi); dare piu’ spazio alla discussione generale e alle ragioni di Papa. Quest’ultimo, infatti, oggi ha concluso la sua audizione, ha risposto ad alcune domande e ha presentato nuovi atti dai quali, a suo dire, emergerebbe ancora di piu’ il ”fumus persecutionis” che i magistrati di Napoli avrebbero nei suoi confronti. In realta’, alcuni dei ‘nuovi’ documenti rientrano tra quelli considerati ”irrilevanti” ai fini delle indagini. Uno di questi, ad esempio, riporta semplicemente il dialogo tra Luigi Bisignani e Papa su Anna Maria Bernini, la parlamentare Pdl che ora vorrebbe andare al ministero della Giustizia (”E’ una secca, alta, alta con il viso molto spigoloso…”).

Il rinvio sarebbe stato anche una sorta di compromesso con il Pdl. I berlusconiani oggi avrebbero voluto chiedere piu’ tempo per completare l’istruttoria. Ma, alla fine, si sarebbe deciso di soprassedere spostando solo il voto a domani, giusto alla vigilia della scadenza del tempo massimo concesso per completare l’istruttoria: il 15 luglio. La richiesta d’arresto infatti e’ arrivata alla Camera il 15 giugno e il Regolamento della Camera non da’ alla Giunta piu’ di 30 giorni per chiudere i lavori. La vicenda di Alfonso Papa poi dovra’ essere votata dall’Aula il prossimo 20 luglio.

E sara’ quello il banco di prova per ‘sondare’ gli equilibri anche nella Lega, che sul punto appare sempre piu’ divisa. Ieri sera, si racconta nel Carroccio, c’e’ stata una riunione di gruppo per decidere il da farsi. E il presidente dei deputati Marco Reguzzoni avrebbe invitato i ‘suoi’ a votare contro l’arresto, cosi’ come fa il Pdl. Al suo ‘appello’, pero’, i parlamentari ‘maroniani’ (che dicono di essere 49) avrebbero risposto ‘no’. E questo, sostanzialmente, per due ragioni: prima di tutto perche’ non si vuole piu’ fare la figura di quelli che sostengono qualsiasi ”nefandezza” pur di difendere la Casta. E poi, motivo politicamente piu’ rilevante, si vorrebbe dare un avvertimento a Tremonti. Votando ‘si’ all’arresto di Papa gli si farebbe capire che si potrebbe votare ‘si’ pure all’arresto di Marco Milanese (la decisione sul braccio destro del ministro dell’economia potrebbe giungere pero’ dopo la pausa estiva nonostante il Pd chieda di accelerare).

Con tutte le conseguenze che questo potrebbe comportare per il responsabile di Via XX settembre. Sarebbe, insomma, un modo per far capire a Tremonti, spiegano i leghisti, che forse gli converrebbe fare un passo indietro visto che alla guida di un eventuale nuovo governo, i cosiddetti ‘maroniani’ vedrebbero bene solo Roberto Maroni. Cosi’, i 49 avrebbero avvertito Reguzzoni che loro sarebbero pronti a votare ‘si’ all’arresto per Papa. Ricordandogli che tanto come ‘capogruppo’ avrebbe i giorni contati. A settembre, si ribadisce che al posto di Reguzzoni dovrebbe andare Giacomo Stucchi, piu’ vicino al ministro dell’Interno. Il primo aspirerebbe infatti ad andare al ministero delle Politiche Comunitarie, al posto di Andrea Ronchi.

Ma la cosa non sembra scontata anche perche’ l’ex Fli e’ tornato nel Pdl. Molto, comunque, dipendera’ dal voto segreto in Aula, se verra’ chiesto e da chi. Nel segreto dell’urna la situazione potrebbe cambiare: nell’opposizione c’e’ chi potrebbe dire ‘no’ all’arresto; chi nel Pdl ce l’ha con Papa potrebbe dire ‘si’; la Lega potrebbe ricompattarsi a favore della custodia cautelare. Nella maggioranza acque agitate anche su chi dovra’ andare a sostituire Alfano a Via Arenula. Il nome ora in ‘pole position’ e’ quello di Donato Bruno, attuale presidente della commissione Affari Costituzionali della Camera. Anche se la Bernini non ha perso le speranze. Berlusconi sembra sponsorizzarla nonostante nel Pdl si assicuri che e’ una candidatura ”tramontata”

INFONDATE VOCI DIMISSIONI GEN.ADINOLFI -Il ministro dell’Economia Giulio Tremonti non risulta ”assolutamente” indagato dalla procura di Napoli. La precisazione arriva direttamente dal procuratore capo Giandomenico Lepore ed ha un duplice effetto: smentire una convocazione nei prossimi giorni del titolare dell’Economia, per essere nuovamente ascoltato nell’ambito dell’inchiesta in cui e’ indagato il suo ex consigliere politico Marco Milanese, e stoppare le voci di dimissioni del titolare di via XX settembre che potrebbero indebolire politicamente lo stesso ministro in un momento particolarmente delicato per l’economia italiana. La risposta di Tremonti arriva a stretto giro: ”Prendo atto con molta soddisfazione di quanto comunicato dal capo della Procura della Repubblica di Napoli. La notizia e’ per me molto positiva, tanto sul piano personale quanto sul piano istituzionale”. Il ministro dell’Economia conclude poi sostenendo che, ”come sempre, ho fiducia nella giustizia”. Dai magistrati napoletani il titolare di via XX settembre era stato ascoltato lo scorso 17 giugno e in quell’occasione aveva raccontato ai magistrati le problematiche che stanno attraversando la Guardia di Finanza e il timore che nei suoi confronti fosse utilizzato il ‘metodo Boffo’, per screditarlo politicamente. Sulle ”cordate” all’interno del Corpo, il ministro e’ stato netto. Nella prospettiva di diventare comandanti, ha detto ai pm, i generali ”hanno preso a coltivare relazioni esterne al corpo che non trovo opportune”.

Tanto che di queste ‘frequentazioni’ il ministro ne ha parlato con il comandante Nino di Paolo suggerendo di dare alcune direttive ai sottoposti. ”Possiamo dire che gli dissi – ha messo a verbale Tremonti – meno salotti, meno palazzi, consegne in caserma”. Ma le relazioni potrebbero avere anche un altro scopo: mettere in difficolta’ proprio il ministro. Quando i pm gli fanno sentire la telefonata tra il premier e il capo di Stato Maggiore della Gdf Michele Adinolfi e gli chiedono se Berlusconi avesse utilizzato strumentalmente la Gdf contro di lui, risponde cosi’: ”non ho mai detto a Berlusconi che mi voleva far fuori tramite la Gdf”. Certo pero’ e’ che ”in parallelo, su alcuni settori della stampa, si manifestava una tendenza, una spinta alle mie dimissioni se non avessi modificato le mie posizioni” sulla politica economica. E questo porto’ il ministro a mostrare chiara e tonda al premier la sua ”refrattarieta’ ad essere oggetto di campagne stampa tipo quella ‘Boffo”’, di cui c’erano ”voci in Parlamento”. Dell’episodio parla anche Milanese. ”Tremonti – racconta ai pm – mi ha detto che ha avuto uno sfogo con il presidente del Consiglio Berlusconi perché aveva saputo che lui, il ministro, era seguito. O comunque negli ambienti politici si dice che stanno attuando il ‘metodo Boffo’ anche nei suoi confronti…Lui mi ha ribadito che ha riferito a Berlusconi che stanno cercando ‘cose’ per metterlo in difficolta’ da un punto di vista politico”. Ma chi è che si sta muovendo? “Ho capito – affermava Milanese – che faceva riferimento anche alla Guardia di Finanza ed al generale Adinolfi come partecipanti a questo piano ordito nei suoi confronti”. Voci che si vanno ad aggiungere ad un’altra circolata per tutto il giorno: le dimissioni da capo di Stato Maggiore della Gdf, proprio di Adinolfi, indagato nell’inchiesta P4 per rivelazioni di segreto d’ufficio e favoreggiamento.

”Sono voci infondate” dicono al Comando generale confermando pero’ che, a breve, il capo di Stato Maggiore assumera’ un nuovo incarico. Un cambiamento, precisano, che non va legato all’inchiesta in corso poiche Adinolfi e’ stato ”promosso l’anno scorso generale di Corpo d’Armata con decorrenza 1 luglio”. Dunque, ”quando assumera’ il grado sara’ assegnato ad un nuovo incarico coerente con il grado di generale di Corpo d’Armata”. Quale? Nessuna decisione, si apprende, e’ ancora stata presa, ma i ruoli possibili sono uno tra Comando interregionale, Reparti speciali, Comando aeronavale, Ispettore per gli istituti di istruzione, comandante in seconda. Le precisazioni che arrivano da viale XXI Aprile non placano pero’ la bufera che si e’ abbattuta sul Corpo. Lo conferma la sottolineatura dell’avvocato del generale Vito Bardi (anche lui indagato nell’inchiesta P4 con le stesse accuse) dopo la pubblicazione dei verbali di altri due generali, Emilio Spaziante e Paolo Poletti (il primo comandante dell’Italia centrale della Gdf, il secondo vice dell’Aisi ed ex della Finanza) in merito al comportamento del loro collega. Secondo i due, Bardi non doveva riferire al comando generale le notizie relative all’inchiesta napoletana e, tantomeno, svelare che erano sotto intercettazione politici e personaggi istituzionali. Secondo l’avvocato, invece, Bardi si e’ comportato con ”trasparenza e rigore istituzionale”, informando ”per via gerarchica e in ottemperanza a quanto avviene periodicamente per inchieste sensibili” il Comando sulle indagini in corso. Una ”consolidata prassi” da cui ”nessun vertice nazionale, interregionale o regionale, ha mai dissentito, non solo della Guardia di Finanza”.

L’atto di accusa della Procura di Palermo nei confronti del ministro dell’Agricoltura Saverio Romano e’ lungo due pagine e porta la firma del sostituto Nino Di Matteo e dell’aggiunto Ignazio De Francisci. Un provvedimento imposto dal gip, che la scorsa settimana ha respinto la richiesta di archiviazione presentata dai pm e ordinato la richiesta di rinvio a giudizio che da oggi rende formalmente il politico dei Responsabili imputato di concorso in associazione mafiosa. ”Sono vittima di una ritorsione politica, per aver salvato con il mio voto, il 14 dicembre, insieme ad altri colleghi deputati, la maggioranza e il governo”, dice Romano. Il ministro dell’Agricoltura, conferma, in una conferenza stampa alla Camera, che restera’ ”a testa alta” nel governo Berlusconi, dopo la richiesta di rinvio a giudizio.

E critica il presidente della Camera, che ha detto che sarebbero ‘opportune’ le sue dimissioni: ”A chi si erge a difensore della morale e che ha favorito i propri familiari”, ”vorrei dire che se l’opposizione ha tutto il diritto di attaccarmi e chiedere le mie dimissioni”, altri, ”che svolgono ruoli di terzieta’, non hanno diritto di intervenire su una vicenda squisitamente politica”. L’eco della decisione dei pm palermitani arriva a Roma, dove da Sel, Idv e Fli si leva la richiesta di dimissioni del ministro. Con Fabio Granata, componente dell’Antimafia di Futuro e Liberta’, che invocando il ”percorso di trasformazione del Pdl in partito degli onesti”, sollecita una presa di posizione della formazione di Silvio Berlusconi.

Dopo la richiesta dei pm il gup ha due giorni – ma il termine non e’ vincolante – per fissare l’udienza preliminare: e’ prevedibile che la data di inizio slitti a dopo l’estate. Nel merito il capo di imputazione ”prende” molto dal provvedimento articolato con cui il gip ha rigettato l’archiviazione. La procura, convinta della contiguita’ tra Romano e Cosa nostra, riteneva di non poter provare il sostegno concreto del politico all’organizzazione: elementi che la giurisprudenza pretende per la configurazione del concorso. Per il gip, invece, ce ne e’ abbastanza per sostenere l’accusa in giudizio. Sulla scorta delle riflessioni del giudice i pm elencano ora la sfilza delle accuse a Romano ”vicino” ai clan, secondo gli inquirenti, per un ventennio. ”Nella sua veste di esponente politico di spicco, prima della Dc e poi del Ccd e Cdu e, dopo il 13 maggio 2001, di parlamentare nazionale – scrivono i magistrati nella richiesta di rinvio a giudizio – avrebbe consapevolmente e fattivamente contribuito al sostegno ed al rafforzamento dell’associazione mafiosa, intrattenendo, anche alla fine dell’acquisizione del sostegno elettorale, rapporti diretti o mediati con numerosi esponenti di spicco dell’organizzazione tra i quali Angelo Siino, Giuseppe Guttadauro, Domenico Miceli, Antonino Mandala’ e Francesco Campanella”.

Secondo il Pm, inoltre, il ministro avrebbe ”messo a disposizione di Cosa nostra il proprio ruolo, contribuendo alla realizzazione del programma criminoso dell’organizzazione tendente all’acquisizione di poteri di influenza sull’operato di organismi politici e amministrativi”. In particolare, nella richiesta il Pm Di Matteo fa cenno all’interessamento di Romano a candidare, su input del boss Guttadauro, Mimmo Miceli, poi condannato per mafia, alle regionali del 2001. E ancora, insieme all’ex governatore siciliano Toto’ Cuffaro, in carcere per favoreggiamento aggravato, avrebbe assecondato le richieste del capomafia Nino Mandala’ inserendo Giuseppe Acanto nelle liste dei candidati del Biancofiore per le regionali del 2001, ”nella consapevolezza di esaudire desideri di Mandala’ e, piu’ in generale, della famiglia mafiosa di Villabate”. Abbastanza, per il gip e ora per la Procura, per andare avanti

«Abbiamo aperto un tavolo con il Ministro della Salute Ferruccio Fazio, proprio allo scopo di valutare una abbreviazione degli anni di studio della Facoltà di Medicina. Ora sono sei anni per la laurea, poi quattro o cinque di specializzazione, poi il dottorato. Non si finisce mai. L’obiettivo sarebbe quello di accorciare almeno di un anno» Questa la dichiarazione del Ministro dell’Università e dell’Istruzione Mariastella Gelmini che in una intervista a «Il Giornale».

La proposta prevede di accorciare il percorso di studi in medicina (e sembra anche per la facoltà di giurisprudenza). Chi ha intenzione di intraprendere una delle due carriere può esserne felice, nella speranza che questo non pregiudichi la loro formazione. Come afferma Amedeo Bianco, presidente della Federazione degli Ordini dei Medici,  “E’ un’iniziativa utile se ben studiata, l’importante è intervenire sulle scuole di specializzazione, migliorando e potenziando le attività professionalizzanti.”

Certo un maggiore equilibrio tra quantità di pratica e teoria potrebbe essere positivo, purché effettivamente avvenga. Sarebbe un peccato se a pagare gli effetti di questa riforma fossero i pazienti.

ROMA, 11 LUG – ‘Da ieri siamo nei tre giorni piu’ caldi, domani e’ previsto il picco con 40 gradi di temperatura in molte localita’, dalla Toscana al Sud, mentre giovedi’ il quadro meteo cambia radicalmente perche’ cambia la circolazione.

Il solleone ha le ore contate’. A fare il punto e’ il ricercatore del Cnr Massimiliano Pasqui, esperto dell’Istituto di biometeorologia, secondo il quale ‘domani ci sara’ un ancora un aumento di temperatura, soprattutto al Centro-Sud. Si tratta comunque di caldo secco’.

CAGLIARI, 11 LUGLIO. Un’altra giornata di caldo africano in Sardegna dove il servizio meteo dell’Arpas segnala un picco di 44 gradi a Ottana, nel’entroterra Nuorese. Non va meglio negli altri centri dell’Isola: da nord a sud la colonnina di mercurio sfiora i 40 gradi, mitigati solo sulle coste da una leggera brezza di mare. Domani ancora caldo e afa con un nuovo record previsto ad Ottana: 46 gradi. Per avere un po’ di refrigerio bisognerà aspettare mercoledì, quando gli esperti annunciano l’arrivo del maestrale.