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Stamattina. a Bari, Paola Labriola, un dottoressa psichiatra è stata assassinata all’interno dei locali del SIM, il servizio di igiene mentale.

Paola  Labriola, di 53 anni e madre di due figli, è stata immediatamente soccorsa, ma purtroppo non c’è stato nulla da fare per poterle salvare la vita.

Il fatto è avvenuto alle 9:30 di stamattina nell’ambulatorio di via Tenente Casale. Sappiamo che gli investigatori hanno già arrestato chi ha ucciso così barbaramente Paola Labriola. Si tratta di un uomo di 44 anni, un paziente della Dottoressa Labriola, in cura da tempo nella struttura.

Da una prima ispezione del corpo della vittima Paola Labriola, la donna pare sia stata accoltellata diverse volte molto probabilmente durante una visita. E’ stata ritrovata anche l’arma del delitto, un coltello con una lama di 12 centimetri.

Vito Calabrese, marito di Paola Labriola, dice queste poche parole: ““Sono sconvolto, non so se chi l’ha uccisa fosse un suo paziente, non l’ho  vista mia moglie, non me l’hanno fatto vedere”. Il movente sembra essere l’insistente richiesta di denaro , essendo l’assassino un tossicodipendente, richiesta culminata con l’uccisone della dottoressa.

 

 

Sembra essere giunti ad una svolta sulle indagine nell’uccisione di Marilia Rodrigues Silva Martins, la brasiliana 29enne trovata morta nel suo ufficio a Gambara.

Primo ed unico indagato è il suo giovane datore di lavoro, il 32enne Carlo Grigoletto. Nonostante l’uomo continui a negare, gli inquirenti sono certi dei moventi che abbiamo portato all’uccisione della giovane brasiliana. Difatti gli investigatori di Brescia sono certi che l’uomo avesse una relazione con la giovane Marilia, la quale, rimasta incinta, era divenuta scomoda al giovane imprenditore, sposato e padre di due figlie, di cui una nata da poco.

Come ha confermato l’autopsia, Marilia era al quarto o quinto mese di gravidanza, una tegola troppo pesante da sostenere dal Grigoletto, oltretutto divenuto padre da poche settimane dalla moglie. Queste le parole del procuratore capo di Brescia, Fabio Salomone: “Aveva la necessità di eliminare quel problema rappresentato dal fatto di essere il padre del bambino che la brasiliana aspettava. E allora la decisione di farla fuori: la ragazza, a giudicare dai profondi segni sul collo, e’ stata strangolata a mani nude, poi e’ stato tentato di bruciare il corpo con un liquido infiammabile, nonché ferita al volto e alla nuca da un oggetto pesante, anche se poi potrebbe essere stato il gas a finirla”. Difatti prima di lasciare l’edificio pare che l’uomo abbia aperto il rubinetto del gas, con l’intento di simulare un suicidio.

Gli inquirenti sono certi della colpevolezza dell’uomo, il quale durante l’interrogatorio si è più volte contraddetto e date le testimonianze dei vicini che avevano notato la sua auto nei paraggi dell’ufficio al momento dell’omicidio.

Emergono sempre maggiori particolari sulla morte dell’ex pallavolista Ingrid Visser, di 37 anni e del suo compagno Lodewijk Severin di 57 anni.

Da una prima indiscrezione pare che l’ex pallavolista, al momento della morte fosse incinta di circa 6 settimane.

Ma percorriamo ciò che è accaduto. La coppia era giunta in Murcia per una visita ad una clinica per la fecondazione assisitica. Erano giunti in Spagna il 13 maggio ed il 15 dovevano rientrare in Olanda. Ma ciò non è mai accaduto.

A dare l’allarme è stata la madre della Visser. Iniziate le indagini, si è giunti al proprietario della limonaia, dove poi sono stati ritrovati i corpi, che probabilmente ha confessato il delitto, svelando dove li aveva sepolti.

Qui la macabra scoperta. I due coniugi, probabilmente, sono stati prima torturati per almeno due giorni, il 13 e 14 maggio, per poi essere uccisi ed i corpi fatti a pezzi con una motosega. Sempre da racconto degli inquirenti, le teste sono state trovate separate dai corpi, e il compagno dell’ex pallavolista, pare, non avesse più i denti, segno di una violenza inaudita.

Il movente diventa sempre più chiaro con il passare delle ore. Il proprietario della limonaia, dove sono stati ritrovati i corpi,   lo spagnolo Juan Cuenca Lerente, di 36 anni, il quale  era stato un dirigente della squadra di pallavolo Club atletico Voelibol Murcia  in cui aveva giocato Ingrid, fino a che la squadra non chiuse due anni fa. Con ogni probabilità la Vesser o il suo compagno avevano contratto un certo debito con l’uomo che ha poi deciso di farli uccidere assoldando due sicari, i rumeni  Valentin Ion,  di 59 anni, e Constantin Stan, di 47 anni, già nelle mani della polizia.