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Megaupload, Kim Dotcom beffa l’FBI
Dopo aver spinto per l’arresto del padre di Megaupload, uno dei più grandi servizi di scambio file (soprattutto musicali), Kim Dotcom non potrà essere processato.
Il creatore di Megaupload ha beffato così l’FBI americana, perché non è stata concessa l’estradizione dalla prigione di Coatsville (Nuova Zelanda), ci sono troppe incongruenze legali e pochi requisiti per avanzare l’estradizione.
La notizia è ufficiosa ma il magistrato della corte neozelandese, avrebbe affermato che difficilmente si riuscirà a vedere un processo per Kim Dotcom, secondo gli avvocati non è stato possibile presentare le carte per un’accusa di criminalità informatica poiché l’accusato non si trova sotto la giurisdizione americana.
Effettivamente il servizio di Megaupload era stanziato in Hong Kong, e inoltre il fondatore (di origini tedesco-finlandese) aveva addirittura cambiato legalmente il suo cognome nell’attuale Dotcom e viveva in Nuova Zelanda praticamente una nuova vita.
Ai primi di gennaio era stato arrestato e nel web ci fu un frastuono enorme, anche perché a dirla tutta nessuno dei 50 milioni di affezionati utenti chiamava Kim “pirata” se non i suoi nemici, dopo l’arresto ci fu la libertà su cauzione e Kim ha potuto godersi la sua lussuosa residenza, dopo aver tratto profitti con Megaupload per circa 175 milioni di dollari.
Oltre ad avere le mani legate per l’estradizione, gli avvocati di Kim hanno trovato diversi errori di forma da parte delle autorità neozelandesi, inoltre non è possibile in ogni caso estradarlo se non incriminato. Tra l’altro in Nuova Zelanda nel caso di accuse per infrazione dei diritti di Copyright, potrebbe scontare al massimo una pena di 4 anni.
Tra avvocati che si pestano i piedi ed FBI con le mani legate, Kim accusa invece di aver sottratto a circa 220 persone il proprio posto di lavoro. Niente male per un’impresa basata sull’illegale che copriva il 4% del traffico internet globale.