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1444045860-air-france-torso-nudoLa Francia è stata scossa ieri da una notizia che ha duramente colpito la sua economia interna e che ha segnato la nascita di intensi scontri fra le file degli addetti ai lavori. Nelle prime ore del mattino di ieri Air France, compagnia di bandiera nazionale francese, ha infatti confermato il piano di ristrutturazione aziendale che mette a rischio ben 2900 posti di lavoro, e che coinvolge soprattutto il personale che lavora a terra negli scali aeroportuali del paese.

La cifra era stata riportata dai sindacati venerdì scorso, ma mancavano le conferme da parte della compagnia. Visto il clima bollente, Air France ha quindi scelto di confermare il piano di azione e annunciato le prospettive del piano aziendale. Il risultato dell’annuncio è stato a dir poco disastroso, in quanto centinaia di dipendenti si sono mobilitati per prendere d’assalto il quartier generale Air France, interrompendo una riunione che era in corso e costringendo due manager a scappare fra la folla inferocita senza i vestiti.

Le immagini hanno fatto il giro del mondo e sono frutto di una rabbia mai sopita, sfociata dopo mesi di voci e di tentennamenti da parte dell’azienda. Manuel Valls ha dichiarato di essere scandalizzato dal comportamento dei dipendenti di Air France e ha manifestato il suo sostegno alla direzione della compagina di bandiera. La manovra si rivela decisamente imponente, in quanto Air France lascerebbe a casa ben 300 piloti, 1700 uomini e donne addetti al personale a terra, 900 assistenti di volo e avrebbe cancellato gli ordini di più di 20 aerei.

Da oggi i piloti e il personale di terra sono in sciopero. I sindacati hanno dichiarato che alcuni hanno scelto di scioperare per alcune ore, mentre altri lo faranno per la giornata intera. La compagnia ha dichiarato che non si assisterà a cancellazioni dei voli ma ad alcuni ritardi, soprattutto nei banchi del check in.

taglio intercityUna volta c’erano solo i treni regionali, infiniti e affollatissimi, e qualche espresso che correva veloce ma non più di tanto. Poi sono arrivate le Frecce, che hanno sbaragliato tutti treni perché corrono veloci e permettono di risparmiare tanto tempo a chi viaggia, soprattutto per lavoro. Gi Intercity, che collegano spesso due città posizionate in due regioni diverse, ma non molto distanti chilometricamente parlando, stanno per essere ‘falciati’ dalla nuova manovra del governo che interessa i trasporti, perché sembra proprio che siano troppi e che quindi rappresentino un costo che il governo vuole tagliare per snellire i bilanci di Trenitalia.

Fa discutere, in particolare, il taglio dell’Intercity che collega Torino con Genova. Qualche mese fa le due regioni interessate avevano trovato un accordo, decidendo di dimezzare i 4 treni che ogni giorno fanno la spola fra Torino e Genova, investendo i soldi risparmiati, ben 3.5 miliardi, sul potenziamento delle reti ferroviarie regionali, in particolare le linee Torino Savona e Cuneo Ventimiglia, che si rivelano molto battute dai pendolari delle due regioni.

Il ministero non ha però firmato alcun contratto e le due regioni rischiano di rimanere completamente sguarnite di collegamenti veloci. Torino rischia inoltre di perdere l’unico collegamento diretto con le città di Roma e di Napoli. In totale, sarebbero circa 60mila gli utenti che verrebbero penalizzati da questa scelta del governo, in un’area che comprende il Piemonte stesso ma anche la Liguria e la Lombardia.

Tutto ciò è frutto della scadenza del contratto di servizio per il trasporto universale, che è avvenuto alla fine del 2014. In questi mesi del 2015 gli Intercity hanno viaggiato con contratto di proroga, ma il governo non ha ancora sborsato un euro dei 200milioni che spettano a Trenitalia per i servizi finora svolti. Da qui la necessità di un nuovo accordo, perché mancano poche settimane all’entrata in vigore dell’orario invernale e il servizio di proroga non è per legge dilazionabile, quindi le regioni rischiano di rimanere letteralmente ‘a piedi’.

E nel mentre Napolitano lascia il suo posto al quirinale e tutti i politici stanno preparando le loro migliori armi per decidere chi sarà il prossimo capo di stato italiano, ecco che arrivano le prime decisioni per un’Italia migliore: un altro taglio alla sanità per risparmiare qualche altro buon miliardo da spendere altrove.

Tutta una questione di contratti, che ha fatto scattare la clausola necessaria per imporre un taglio decisivo ai fondi sanitari nazionali. Ancora meno denaro quindi da investire per la nostra salute, considerando che sono stati apportati già inizialmente dei tagli per il settore. Ovvio che i rappresentanti di questo settore, così indispensabile tra i servizi pubblici, non sono del tutto felici: ASL ed ospedali si ritroveranno a ridimensionare ancora di più il loro organico, i posti letto e i mezzi di trasporto. Con un ritorno che potete facilmente immaginare, vista la quantità minore di mezzi e quindi il maggiore tempo impiegato per ogni emergenza che ha bisogno d’un’autoambulanza. Stessa cosa per i posti letto: se sono di meno, si rischia di portare un eventuale paziente in lungo ed in largo per l’Italia con le consuete critiche nel caso di pazienti gravi che ci “rimettono” le penne.

A buon’intesa però intervengono altre fonti d’informazione che comunicano che attualmente si possono risparmiare diversi miliardi senza toccare la sanità. E’ anche bene dire che 119 miliardi vengono investiti nell’Asl, incluse anche naturalmente le spese di trasporto e le spese dell’organico totale. Escono poi dati su costi e rimborsi a varie aziende non meglio specificate, con quasi 4 miliardi di denaro trasferito. 902 milioni per i costi della singola ed unica politica italiana. 800 per le consulenze esterne. Cifre che, per un italiano medio, sono immense: ne basterebbe uno di milione per sistemarlo a vita.

Ma alla fine nulla di tutti quei conti non si riesce a capire con trasparenza se vi è o meno uno spreco. L’attacco finisce perciò sulla Sanità, con una frecciatina abbastanza pungente: quali saranno le conseguenze di questo gesto? Si sprecherà di meno o, pur di continuare a sprecare, la pagheranno gli onesti lavoratori?