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animali umoristiSembra proprio che ridere e godere dell’umorismo non sia una prerogativa dell’homo sapiens, in quanto molti animali amano ridere e gustarsi i momenti di gioia, nonché provare delle sensazioni e dei sentimenti che si pensavano appannaggio del solo essere umano.

Gli animali sono quindi dotati del cosiddetto ‘sense of humor’? Stando a quanto pubblicato dalla Global Animals nella sua ultima ricerca pare proprio di sì. La riposta affermativa è frutto di decennali ricerche che non hanno solo coinvolto le risate animali, ma anche la genesi del ridere umano. La risata dell’uomo sembra infatti essere un retaggio di un comportamento adottato dalle scimmie che manifesta relax e divertimento, una sorta di raschiamento legato al respiro, che nei secoli di evoluzioni si è trasformato nella nostra risata attuale.

Le scimmie sono l’esempio di animale che più sa divertirsi, in quanto non solo le scimmiette se la ridono di gusto, ma sanno anche fare battute e associazioni di tipologia umoristica. Prova ne è la comprensione della gestualità e la comunicazione che avviene con gli esseri umani negli esemplari che sono stati parzialmente addomesticati. Anche i ratti possiedono il loro sense of humor, come afferma il ricercatore dell’università del Colorado Marc Bekoff, il quale ha redatto il volume The Emotional Lives of Animals, La vita emozionale degli animali, dove spiega come gli animali siano portati a ridere e anche a scherzare con particolari fatti della vita di ogni giorno.

Secondo Bekoff tutti gli animali mammiferi sono dotati di un loro speciale umorismo. Quando i topi giocano e si divertono emettono, infatti, uno squittio molto speciale, che non è udibile dall’uomo in quanto posizionato attorno ai 50 kiloheartz. Molte ricerche hanno altresì dimostrato che le api tendono ad essere pessimiste, che i cani comprendono le ingiustizie e che molti ragni dimostrano forti emozioni con cambiamenti di comportamento. Gli animali sono quindi emozionali, molto più di quanto possiamo aspettarci. Come riconoscerlo è tutt’altra questione, in quanto ogni specie si comporta e manifesta i sentimenti a suo modo, con comportamenti e movenze spesso incomprensibili all’essere umano.

manmovesparaIncredibile, sperimentata per la prima volta grazie a un team della Ohio University una tecnica in grado di bypassare il midollo spinale e comandare il movimento con il pensiero, quasi un miracolo, ma qui l’unico vero miracolo è la scienza.

È la tecnologia Neurobridge,un meccanismo articolato che permette di muovere le mani col pensiero, bypassando il midollo spinale ed è dedicata a coloro che hanno subito lesioni midollari alte o ictus e che sono dunque impossibilitati nel movimento. Ora è stata testata per la prima volta da un ragazzo tetraplegico e si sono registrati i primi piccoli grandi successi.

Il primo paziente in assoluto a sperimentala è  Ian Burkhart, un ragazzo ventitreenne tetraplegico. Un chip dunque è stato impiantato nel cervello del giovane paralizzato da un team della Ohio State University,si tratta di un chip con 96 elettrodi e grande 0,4 cm che viene inserito nel cervello: gli elettrodi leggono i comandi di movimento impressi dalla sezione del cervello specifica e li trasmettono via cavo a un supporto nel cranio, collegato a sua volta a un computer.

“È all’incirca come un bypass cardiaco, ma anziché bypassare il sangue, in effetti stiamo bypassando segnali elettrici”, ha spiegato Chad Bouton , ricercatore di Battelle, l’organizzazione no-profit che insieme al Vexner Medical Center della Ohio State University ha condotto la sperimentazione. “Stiamo prendendo questi segnali dal cervello, aggirando il danno ed andando direttamente ai muscoli”.

Per settimane il ragazzo ha “insegnato” al chip nella sua corteccia motoria ad interpretare i segnali inviati dal suo cervello: l’addestramento prevedeva di guardare i movimenti di una mano su uno schermo, ed immaginare di muovere la sua mano nello stesso modo. Il computer avrebbe interpretato i segnali, e fatto muovere un’altra mano sullo schermo secondo i pensieri di Ian.

E alla fine Ian dopo tanta pratica e con un cavo agganciato in testa il 23 giugno ha visto i primi risultati. “Stiamo per vedere se Ian riesce ad aprire a chiudere la sua mano”, ha spiegato Bouton ai giornalisti presenti, per poi rivolgersi al ragazzo dicendogli: “Nessuna pressione”. Pochi secondi dopo, Ian è riuscito a muovere le sue dita per la prima volta dopo anni. Sembra un miracolo, ma è “soltanto” scienza.

Ian Burkhart, un ragazzo di 23 anni che dal 2010, a causa di un banale incidente al mare e della conseguente lesione spinale, era rimasto paralizzato, oggi grazie alla scienza può ricominciare a sperare e insieme a lui tutti coloro che hanno subito lesioni midollari alte o ictus e che sono dunque impossibilitati nel movimento.