“Francesco Schettino abbandonò la Costa Concordia e lasciò i passeggeri in balia di sé stessi”, questa la sentenza, durissima, scritta dai giudici nella sentenza di condanna a 16 anni per la tragedia della Costa Concordia. Nella sentenza si legge anche che il comandante Schettino, quando saltava sulla scialuppa per abbandonare la nave, era perfettamente conscio della pendenza della concordia, accettando così il rischio di abbandonare le persone in balia di sé stesse, e di causare delle morti, così come poi è avvenuto.
L’ex comandante, secondo i giudici, è responsabile del caos generatosi quando è stata data l’emergenza generale; si parla di “un’estrema confusione e assenza di univoche indicazioni, con conseguente caos diffusosi tra equipaggio e passeggeri”. E Schettino, una volta sceso dalla nave, non ha mai avuto intenzione di risalire.
La nave, viceversa, al momento della partenza era pienamente conforme, sotto il profilo del funzionamento e dell’efficienza dei sistemi di sicurezza per le fasi dell’emergenza, alle prescrizioni, così come la manutenzione, che era stata effettuata secondo regolamento. La tragedia del naufragio non è perciò imputabile a cause tecniche o esterne all’errore umano.
La manovra del cosiddetto “inchino” è stata effettuata perché Schettino sopravvalutava le sue abilità marinaresche, nonostante fosse a conoscenza della presenza degli scogli vicino all’isola. La situazione di pericolo, in definitiva, secondo i giudici di Grosseto è stata causata unicamente dall’imperizia e dall’incoscienza di Francesco Schettino. La pena per l’ex comandante, ora, è di 16 anni e un mese. I 32 decessi delle persone a bordo della Concordia – si legge nella sentenza – non si sarebbero verificati se il comandante Schettino avesse gestito l’emergenza con perizia e diligenza attenendosi alla normativa prevista per una situazione del genere.