Avvisaglie della Consob che delimitano il fronte della “trasparenza” nell’offerta nei prodotti finanziari tra banca e cliente.
Niente di così pervasivo il comunicato della Consob che ha creato subito il tam-tam mediatico che ci si attendeva, tutto sommato considerando che la Consob ammonisce ma non vieta, sconsiglia ma non proibisce la vendita di alcuni prodotti finanziari alla clientela non professionale. In gergo, detta retail.
Dobbiamo, quindi, gridare “vittoria”, magari perché in calce al contratto di vendita del titolo, ci verrà fatto presente che quei titoli sono sconsigliati dalle Autorità finanziarie, e nonostante tutto gli intermediari finanziari ce li propongono per la vendita, con tanto di incentivi per chi lavora allo sportello?
I prodotti in oggetto sono quelli ad alto rischio, i “polpettoni” come li vogliamo chiamare: quei titoli che inglobano, con vari metodi, altri sottostanti (ad es. mutui, revolving), come nel caso delle cartolarizzazioni. O ancora, quei titoli per i quali l’ultima parola su un’eventuale rinegoziazione viene lasciata all’emittente (pensiamo un po’, ma forse l’esempio non è particolarmente calzante, alle critiche iniziali che ci sono state sul fronte della neo-emittente Rai Way, dato che non veniva stabilito un rendimento certo, già dall’emissione e comunque si lasciava per sottinteso che tutto era in funzione di rapporti di subordinazione dell’emittente con la controllante. Cosa che dà ogni crisma di legge a chi, trovandosi in difficoltà, non ha più obblighi e può chiudere le porte in faccia al risparmiatore! Ma certamente, questo è un esempio poco azzeccato che riguarda tante realtà aziendali e non certamente solo quella citata, forse per errore). Stiamo parlando anche di quei titoli a remunerazione condizionale che adesso stanno rimpinzando il mercato con rendimenti superiori a quelli di mercato (il fatto è che se l’evento a cui sono collegati accade, il risparmiatore può dire addio ai lauti e promessi guadagni). Avrete sicuramente sentito parlare dei credit-linked.
Il problema è che, se pure i prodotti finanziari sono ad alto rischio, il contratto non lo si legge quasi mai, o non tutti hanno la “cultura finanziaria specialistica” per essere informati a dovere sul rischio assunto nell’investimento, presentatoci, magari, in maniera poco trasparente, come un vero affare. O forse solo un “toccasana” per l’emittente che potrebbe così tirare un breve sospiro di sollievo, fino al momento dello stacco dei dividendi?
Prepariamoci ad ingegneria creativa su tutti i fronti finanziari (già voleva la Bce con gli Abs ma poi si ha subito fatto marcia indietro pensando: Non vorremo fare la fine dei subprime?).
Basterà l’ammonizione della Consob o non cambierà nulla? Sì ad una maggiore trasparenza, nel contratto scritto oppure dobbiamo invocare chiarezza “frontale” tra intermediario e cliente, dal momento in cui “a parole” si dicono tante belle cose? La gelata dei Bot e dei Btp certamente sta facendo fuggire i risparmiatori dai bond per cercare nuove illuminanti proposte nell’azionario.
Speriamo bene, con le banche, i grandi gruppi, che necessitano di forti iniezioni di liquidità, dopo la sonora bastonata degli stress test! E pensate un po’: ora, anche gli investitori esteri sono cauti. Hanno come detto a Banca Carige: tu prima colloca le azioni, procedi all’aumento di capitale (e sono circa 800 milioni!) e poi, se ci conviene, entriamo in scena pure noi.