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Page03_04_1628029aIl padre adottivo di Carlos Tevez, attaccante argentino della Juventus, sarebbe stato vittima di un sequestro a Moron, alle porte di Buenos Aires. A riferirlo è la stampa locale.

Secondo quanto riferiscono i media argentini Segundo Tevez, questo il nome dell’uomo sarebbe stato bloccato da sconosciuti intorno alle 7 mentre era a bordo della sua auto a Moron, in Argentina.

Qualche ora dopo la macchina è stata ritrovata. I rapitori hanno chiesto un riscatto milionario. In un primo momento si era diffusa la notizia che l’uomo, padre adottivo dell’Apache, fosse già stato liberato, ma poi la notizia è stata smentita.
Il padre di Tevez è ancora in mano ai suoi rapitori e il calciatore ha subito lasciato il ritiro della Juventus a Vinovo per volare in Argentina e seguire da vicino la vicenda, che è ancora molto ingarbugliata.

La notizia del rapimento del padre di Tevez arriva pochi giorni dopo la disavventura capitata a Javier Zanetti, sempre in Argentina. Il 19 luglio l’ex capitano dell’Inter è stato aggredito e derubato da uomini armati di pistola alla periferia di Buenos Aires mentre rientrava a casa bordo del sua auto.

La Juventus ha confermato che Carlitos Tevez, appresa la notizia, è partito immediatamente per l’Argentina. La società ha riferito di non essere a conoscenza di ulteriori dettagli sulla vicenda. Secondo gli ambienti più vicini al giocatore è proprio Tevez che si sta occupando della trattativa con i rapitori per il rilascio. Anche la polizia è al lavoro: tutte le reti telefoniche della zona dove vive la famiglia di Tevez sono state bloccate, in modo da isolare solamente quella dei familiari.

papa1Colloquio tra Eugenio Scalfari e il Pontefice.

Eugenio Scalfari dialoga con papa Francesco nel suo editoriale domenicale. La pedofilia è una vera e propria “lebbra” da debellare perché “la corruzione del fanciullo è quanto di più terribile e immondo si possa immaginare” ma “come Gesù userò il bastone contro i preti pedofili, tra cui ci sono anche vescovi e cardinali”, ha detto il pontefice.

Nel lungo articolo si parla del pontificato di Francesco iniziato da poco più di un anno e che “in così breve tempo ha già iniziato a rivoluzionare la Chiesa”.
Pedofilia e mafia sono i due temi sui quali Francesco è intervenuto molte volte e che hanno sollevato un’ondata di sentimenti e anche di polemiche fuori e dentro la chiesa.

“La famiglia dovrebbe essere il sacrario dove il bambino (e poi il ragazzo e l’adolescente) viene amorevolmente educato al bene, incoraggiato nella crescita stimolato a costruire la propria personalità e a incontrarsi con quella degli altri suoi coetanei”, spiega il Papa, sottolineando però che “l’educazione sembra quasi aver disertato le famiglie: ciascuno è preso dalle proprie personali incombenze, spesso per assicurare alla famiglia un tenore di vita sopportabile, talvolta per perseguire un proprio personale successo, altre volte per amicizie e amori alternativi”.

“L’educazione come compito principale verso i figli sembra fuggito via dalle case. Questo fenomeno  è una gravissima omissione ma non siamo ancora nel male assoluto. Non soltanto la mancata educazione ma la corruzione, il vizio, le pratiche turpi imposte al bambino e poi praticate e aggiornate sempre più gravemente man mano che egli cresce e diventa ragazzo e poi adolescente: questa situazione è frequente nelle famiglie”, sottolinea il Papa.

E la Chiesa cosa fa in tutto questo?, domanda Scalfari. “La Chiesa lotta perché il vizio venga debellato e l’educazione recuperata. Ma anche noi abbiamo questa lebbra in casa”, spiega Papa Francesco.

Sulle mafie Bergoglio spiega di non conoscere a fondo il problema delle mafie: sa quello che fanno – la mafia è uno Stato nello Stato con “un proprio Dio, un Dio mafioso” – ma non comprende il modo di pensare dei mafiosi, i capi, i gregari. E ancora: “E’ un fatto che la maggior parte delle donne legate alla mafia da vincoli di parentela, le mogli, le figlie, le sorelle, frequentano assiduamente le chiese dei loro paesi dove il sindaco e altre autorità locali sono spesso mafiose. Quelle donne pensano che Dio perdoni le orribili malefatte dei loro congiunti?”

“La nostra denuncia della mafia non sarà fatta una volta tanto ma sarà costante. Pedofilia, mafia: la Chiesa, il popolo di Dio, i sacerdoti, le Comunità, avranno tra gli altri compiti queste due principalissime questioni”. “Certi sacerdoti sono ancora troppo tiepidi nel denunciare il fenomeno mafioso”.

Sul celibato dei preti “Forse lei non sa che il celibato fu stabilito nel X secolo, cioè 900 anni dopo la morte di nostro Signore. La Chiesa cattolica orientale ha facoltà fin d’ora che i suoi presbiteri si sposino. Il problema certamente esiste ma non è di grande entità. Ci vuole tempo ma le soluzioni ci sono e le troverò”.

bd8aa360452159ef4fa6fa01d9c6c215-1622-k8PF-U10301883187908bYG-568x320@LaStampa.itPapa Francesco è andato in Calabria appena due settimane fa e da li ha lanciato un duro monito contro i mafiosi da scomunicare pubblicamente.

Pochi giorni fa un vescovo calabrese  ha chiesto di abolire la figura del padrino per il battesimo e per la cresima. Un provvedimento secondo il religioso utile per combattere la ‘ndrangheta.

Ma ancora oggi ci son preti che si inchinano e fanno inchinare la madonna davanti ai boss, è successo a Oppido Mamertina, in provincia di Reggio Calabria: una città nota per una delle più cruente guerre di mafia calabrese. La notizia è stata diffusa dal Quotidiano della Calabria.

Come da tradizione era in corso la processione della Madonna delle Grazie: a un certo punto il corteo si è fermato per alcuni secondi quando la statua preceduta da sacerdoti e mezzo consiglio comunale è arrivata all’incrocio tra Corso Aspromonte e via Ugo Foscolo, dove vive il boss del paese, l’82enne Giuseppe Mazzagatti. La processione si è dunque fermata e vi è stato l’inchino dinanzi casa di Mazzagatti, già condannato all’ergastolo per omicidio e associazione a delinquere di stampo mafioso. Un boss ancora potente che da tempo è agli arresti domiciliari per motivi di salute.

Un omaggio che non è piaciuto al maresciallo dei carabinieri Andrea Marino che aveva già avvisato gli organizzatori di non fare gesti particolari o inchini durante il tragitto.

“C’è un’informativa che è già alla nostra attenzione e che sarà consegnata alla procura circondariale di Palmi e alla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria. Il comandante di stazione ha fatto il suo dovere e ha compiuto un atto di servizio, ma nessuno ha abbandonato il corteo. Non spetta a noi condannare, il nostro compito è quello di informare l’autorità giudiziaria”. Bisogna poi considerare che nessuno, infatti, tra le autorità civili e religiose presenti avrebbe lasciato il corteo dopo il gesto”.

602-408-20140704_121243_646EB3BCQuesta intervista è uscita nel 2013 su Vanity Fair. L’articolo scritto da Faletti per Vanity nel luglio 2013, dopo l’elezione di Bergoglio. In cui lo scrittore parlava della sua Asti, del nuovo Papa e della fede.

L’Italia è un paese “Peccato che”. Ovunque si vada la frase che si sente ripetere è la stessa, con una semplice variazione di nome, a seconda della dislocazione geografica. Roma è bella peccato che ci siano i romani, Catania è bella peccato che ci siano i catanesi, Torino è bella peccato che ci siano i torinesi. Asti, la mia piccola città di provincia, non fa eccezione. Il luogo comune del “Peccato che” colpisce anche i centri con settantamila abitanti.

Mi sono spesso chiesto, passeggiando per le aggraziate vie del centro storico, se anche io sono uno di quelli a cui bisognerebbe dare un foglio di via per rendere vivibile la città. Non mi sono mai dato una risposta perché in fondo il tutto appartiene a una specie di scherzo collettivo che, come le allucinazioni, è basato in parte sul vissuto ma per la maggior parte sul nulla. Con l’aggiunta dell’altro luogo comune, tipico della provincia, che qui non succede mai niente.

Con queste premesse anche noi astigiani ci siamo trovati, come buona parte del resto del mondo, davanti a un televisore che trasmetteva le immagini di un camino dal quale si aspettava una fumata. Papa Ratzinger, col suo sorriso fissato sulla bocca ma che non riusciva più a raggiungere gli occhi, aveva appena abdicato, termine desueto che nel mio immaginario preferisco all’idea di un Pontefice che dà le dimissioni. Il prossimo, di non facile identificazione nei pronostici, avrebbe dovuto affrontare il ricordo ancora fulgido di Karol Wojtyla e il pesante empasse di un Santo Padre che decide di ritirarsi, cosa successa in precedenza solo una volta negli annali della Chiesa Cattolica.

Finalmente la rituale e liberatoria fumata bianca ha dato l’annuncio al mondo: habemus Papam. Dopo un periodo che è sembrato interminabile il nuovo Pastore è apparso sul balcone. Un viso bonario, un corpo massiccio ma non pesante, una voce che pareva non avere bisogno del microfono, un nome per due terzi italiano ma una nazionalità che, a detta sua, sta “alla fine del mondo”.
Jorge Mario Bergoglio ha presentato subito le sue credenziali assumendo il nome di Francesco, senza numeri ordinali che lo avrebbero messo in ogni caso in una lista. Francesco tout court, come il patrono d’Italia. L’uomo che, dopo essersi spogliato di tutti i suoi averi, viveva in povertà parlando agli uomini e agli animali. In coda a tutto questo un dettaglio piccolo piccolo, una notizia che nella magnitudo del resto poteva passare inosservata.

La famiglia del Papa venuto dalla Pampa è originaria di Portacomaro, un piccolo paese alle porte delle mia città. Per ogni astigiano è stata idealmente una veloce carrellata di Google Earth che, dalla visione generale e anonima della sfera, si è focalizzata sulla ridente città di Asti, che in quel momento ha allargato il suo sorriso. Il problema, se di problema si vuole parlare, è che quella carrellata l’ha seguita tutto il mondo.

Nelle successive tre settimane non c’è stato in pratica abitante di Portacomaro che non si sia trovato con una telecamera di fronte e un microfono davanti alla bocca, alla ricerca di ricordi, impressioni, aneddoti, arie di casa. Ora sono passati poco più di tre mesi dall’insediamento di Papa Francesco e, come prevedibile, la città ha celebrato in tutti i modi la sua “astigianità”, ma senza ossessioni e senza cadere nel fanatismo, mantenendo questo piccolo orgoglio appuntato sul petto come una medaglia al valore religioso.

Personalmente non ho il dono della fede, non credo in un aldilà cosciente, perlomeno in senso canonico. Di conseguenza seguo con un’ottica laica le vicende della Chiesa, che nel corso della storia si è fatta carico di diverse manchevolezze che a tratti me l’hanno fatta guardare con sospetto.

Jorge Mario Bergoglio mi è sembrato da subito un grande comunicatore, una persona dal viso che ispira quella bontà che il rappresentante dei Cattolici nel mondo deve ispirare, un uomo che ha le qualità per mettere riparo con la sua figura a tutti gli scandali che recentemente hanno un poco incrinato l’immagine del Vaticano e di quello che rappresenta.

Mi pare nello stesso modo che il suo operato rifletta questa buona impressione che ho di lui e non posso negare, con un briciolo di sano provincialismo, di compiacermi che sia originario delle mie parti. Se qualcuno non fosse d’accordo con me, può sempre risolverla appellandosi a un luogo comune. Asti è bella, peccato che c’è Faletti.

Papa Francesco incontra i bambini del Dispensario S. MartaIn una lunga intervista a Il Messaggero il Papa parla dei problemi della città di cui è vescovo, dei prossimi viaggi e del suo ruolo nella Chiesa. Ma è sul tema dello sfruttamento dei bambini che Bergoglio esprime “sofferenza”.

“Per alcuni lavori manuali vengono usati i bambini perché hanno le mani più piccole – spiega – ma i bambini vengono anche sfruttati sessualmente”. E racconta – ricordando scene vissute a Buenos Aires –  che gli ”anziani” che abbordano prostitute di meno di 15 anni sulla strada potrebbero essere “nonni” e invece ”sono pedofili’. La soluzione? ”Una buona politica sociale”.
Su questo dovrebbe rispondere la politica. “Per esempio con servizi sociali” che aiutino “le famiglie a capire, accompagnandole ad uscire da situazioni pesanti”. E sulla politica afferma che il problema è ” che si è svalutata, rovinata dalla corruzione, dal fenomeno delle tangenti”. ”La corruzione – aggiunge – purtroppo è un fenomeno mondiale. Ci sono capi di Stato in carcere proprio per questo”.

 

Parlando della Chiesa, il Papa spiega di non decidere da solo. ”Grazie a Dio non ho nessuna Chiesa, seguo Cristo. Non ho fondato niente. Dal punto di vista dello stile non sono cambiato da come ero a Buenos Aires. Sul programma, invece, seguo quello che i cardinali hanno chiesto durante le congregazioni generali prima del conclave. Il Consiglio degli otto cardinali – prosegue – era stato chiesto perché aiutasse a riformare la curia . Nessuna cosa l’ho fatta da solo”

brasil_maracanaIn occasione della cerimonia di inaugurazione del Campionato del Mondo in Brasile, Papa Francesco ha twittato:”Auguro a tutti uno splendido Mondiale di Calcio, giocato con spirito di vera fraternità”.

In un video messaggio ha fatto gli auguri in lingua portoghese trasmesso dalla tv brasiliana Rete Globo, rilanciato anche da Radio Vaticana, in cui il Pontefice auspica che la Coppa del Mondo “possa svolgersi con tutta la serenità e la tranquillità, sempre nel reciproco rispetto, nella solidarietà e nella fraternità tra uomini e donne che si riconoscono membri di un’unica famiglia. Il Papa si augura che oltre ad una festa di sport i Mondiali del Brasile diventino una festa di solidarietà tra i popoli.”

“Lo sport è uno strumento – dice il Papa – per comunicare i valori che promuovono il bene della persona umana e aiutano a costruire una società più pacifica e fraterna. Pensiamo alla lealtà, alla perseveranza, all’amicizia, alla condivisione ed alla solidarietà”.

Se per vincere è necessario allenarsi, “possiamo vedere, in questa pratica sportiva, una metafora della nostra vita. Nella vita è necessario lottare, “allenarsi”, impegnarsi per ottenere risultati importanti. Lo spirito sportivo ci rimanda in tal modo, un’immagine dei sacrifici necessari per crescere nelle virtù che costruiscono il carattere di una persona. Se per migliorare una persona è necessario un allenamento intenso e continuo – afferma – ancora più impegno dovrà essere investito per arrivare all’incontro e alla pace tra individui e tra i popoli “migliorati”!.

 

Importante è anche il “fair play” perché “il calcio può e deve essere una scuola per la formazione di una cultura dell’incontro, che porti armonia e pace tra i popoli. Per vincere – afferma Francesco – bisogna superare l’individualismo, l’egoismo, tutte le forme di razzismo, di intolleranza e di strumentalizzazione della persona umana. Quindi, essere “individualisti” nel calcio rappresenta un ostacolo al successo della squadra; ma se siamo “individualisti” nella vita, ignorando le persone che ci circondano, ne riceve un pregiudizio l’intera società”.

 

Infine il Santo Padre sottolinea che “il segreto della vittoria sul campo, ma anche nella vita, risiede nel saper rispettare il mio compagno di squadra, come pure il mio avversario. Nessuno vince da solo, né in campo, né nella vita! Che nessuno si isoli e si senta escluso! E, se è vero che al termine di questi Mondiali, solamente una squadra nazionale potrà alzare la coppa come vincitore, imparando le lezioni che lo sport ci insegna, tutti saremo vincitori, rafforzando i legami che ci uniscono”.

2122001-pope_fraAll’udienza i San Pietro il Santo Padre continua il ciclo di catechesi sui doni dello spirito santo e, per spiegare ai fedeli il significato della pietà, Papa Franceso ha usato un’espressione nella lingua dei suoi nonni, il piemontese, e  ha sottolineato che la “pietà” non è da confondere con il “pietismo”, la “faccia da immaginetta”, “far finta di essere come un  santo”, “in piemontese – ha aggiunto – noi diciamo ‘mugna quacia’”.

“Oggi – ha detto il Papa, che nelle scorse settimane ha parlato di sapienza, intelletto, consiglio, fortezza e scienza – vogliamo soffermarci su un dono dello Spirito Santo che tante volte viene frainteso o considerato in modo superficiale, e che invece tocca nel cuore la nostra identità e la nostra vita cristiana: si tratta del dono della pietà. Bisogna chiarire subito che questo dono non si identifica con l’avere compassione di qualcuno, avere pietà del prossimo, ma indica la nostra appartenenza a Dio e il nostro legame profondo con lui, un legame che dà senso a tutta la nostra vita e che ci mantiene saldi, in comunione con lui, anche nei momenti più difficili e travagliati”.

Questo legame con il Signore, ha proseguito Bergoglio a braccio, “non va inteso come un dovere o un’imposizione: alcuni pensano che avere pietà è chiudere gli occhi, fare faccia di immaginetta, far finta di essere come un santo: ma questo non è il dono della pietà. In piemontese noi diciamo mugna quacia”, un’espressione che i dizionari etimologici dialettali traducono con gatta morta, monaca cheta, faccia ingenua, ma “questa non è pietà”, ha detto il Papa. “Si tratta invece di una relazione vissuta col cuore: è la nostra amicizia con Dio, donataci da Gesù, un’amicizia che cambia la nostra vita e ci riempie di entusiasmo, di gioia. Per questo, il dono della pietà suscita in noi innanzitutto la gratitudine e la lode. È questo infatti il motivo e il senso più autentico del nostro culto e della nostra adorazione. Quando lo Spirito Santo ci fa percepire la presenza del Signore e tutto il suo amore per noi, ci riscalda il cuore e ci muove quasi naturalmente alla preghiera e alla celebrazione. Pietà, dunque, è sinonimo di autentico spirito religioso, di fiducia filiale con Dio, di quella capacità di pregarlo con amore e semplicità che è propria delle persone umili di cuore”.

Papa Francesco ha poi messo in evidenza il “rapporto molto, molto, stretto” fra il dono della pietà e quello della mitezza: “Il dono della pietà che ci dà lo Spirito Santo ci fa miti, ci fa tranquilli, pazienti, in pace con Dio: al servizio con mitezza degli altri”. “Chiediamo al Signore – ha concluso papa Francesco – che il dono del suo Spirito possa vincere il nostro timore, le nostre incertezze, anche il nostro Spirito inquieto, impaziente, e possa renderci testimoni gioiosi di Dio e del suo amore, adorando il Signore in verità e anche nel servizio dei prossimi, con mitezza e anche col sorriso che sempre lo Spirito Santo ci dà nella gioia. Che lo Spirito Santo dia a tutti noi questo dono della pietà”.

 

 

papa-francesco-ol-500--8-1Papa Bergoglio di ritorno dal suo viaggio in Palestina si è concesso ai giornalisti per una lunga chiaccherata. La conferenza stampa di Papa Francesco sul volo dalla terra santa dopo tre giorni definiti “massacranti” dal portavoce vaticano padre Lombardi ha toccato vari temi.

Sui papi emeriti ha detto: “Un vescovo di Roma che sente le forze venire meno deve farsi le stesse domande di Benedetto XVI”, ha detto Papa Francesco. Per lui Ratzinger “è un’istituzione: 70 anni fa i vescovi emeriti non esistevano, oggi sono tanti. Si vive più a lungo. Cosa succederà con i Papi emeriti? Lui ha aperto una porta, ed è la porta dei Papi emeriti: cosa succederà non possiamo dirlo, Dio lo sa, ma la porta ora è aperta”. Alla domanda dei giornalisti se lui stesso, nel caso dovesse sentire venir meno le forze, farebbe la stessa scelta di Benedetto XVI, Bergoglio ha risposto: “Farò quello che il Signore mi dirà di fare: quindi pregare e cercare la volontà di Dio. Credo che Benedetto XVI non sia un caso unico”. 

Sulla pedofilia: – “La pedofilia è un problema grave. Un sacerdote che fa questo tradisce il corpo del Signore, come nelle messe nere”, ha detto il Papa, annunciando che sugli abusi “non ci saranno privilegi”, “non ci saranno figli di papà”. “Oggi ci sono tre vescovi sotto indagine e si sta studiando la pena: si deve andare avanti, tolleranza zero”. Bergoglio ha anche rivelato che la prossima settimana, il 6 o il 7 giugno, celebrerà a Santa Marta una messa con un gruppo di otto vittime della pedofilia provenienti da vari Paesi, tra cui Germania, Inghilterra, Irlanda, accompagnate dal card. ÒMalley, cui seguirà un incontro in Vaticano. 

Il celibato: “Il celibato sacerdotale non è un dogma di fede, ma una regola di vita che io apprezzo tanto: un dono per la Chiesa”, ha affermato Francesco. “Per una discussione ci sono le porte aperte – ha aggiunto – ma in questo momento sono altri i temi sul tappeto”. 

L’incontro tra Abu Mazen e  Shimon Peres:  “L’incontro in Vaticano sarà un incontro di preghiera, non servirà per fare una mediazione. Ci riuniremo a pregare. Poi ognuno tornerà a casa”, ha spiegato papa Francesco in merito all’incontro di pace con il presidente israeliano Shimon Peres e quello palestinese Abu Mazen, da lui invitati in Vaticano. “Ci sarà un rabbino, un islamico, ci sarò io”, ha sottolineato. “Ho chiesto al custode di Terra Santa – ha aggiunto – di organizzare le cose pratiche”. 

La beatificazione di Pio XII : La causa di beatificazione di Pio XII “è aperta, io mi sono informato, ma ancora non c’è nessun miracolo. Se non ci sono miracoli non possiamo andare avanti”. “Dobbiamo guardare alla causa nella sua realtà – ha spiegato Bergoglio – ed è questa: non ci sono miracoli, quindi non può andare avanti”. 

Scandali nella chiesa: “Gesù ha detto che è inevitabile che ci siano scandali: nella Chiesa ci saranno, il problema è evitare che ce ne siano di più”. Francesco “nella conduzione economica” della Chiesa ha auspicato “onestà e trasparenza” e la riforma dei dicasteri economici, con la creazione della Segreteria per l’Economia, “serve anche a questo”. “Ma contraddizioni ci saranno, perché siamo peccatori. ‘Ecclesia semper reformanda est'”. 

Bergoglio ha sottolineato che “per esempio allo Ior sono stati chiusi 1.600 conti di persone che non ne avevano diritto”. Ha comunque avvertito che la vicenda del “buco” di 15 milioni di euro nel bilancio Ior per un’operazione in obbligazioni convertibili a favore della Lux Vide voluta dal card. Bertone “è sotto studio, non è chiara. Quale sia la verità non è ancora definito, ma sotto studio”.