L’Italia è stata scossa qualche giorno fa dalla notizia della commissione di giudici di bloccare la trascrizione dei matrimoni gay conseguiti all’estero, nel nostro paese. Si è trattato di un episodio di cronaca controverso, che ha visto fare luce sulla figura del giudice Carlo Deodato, personalità fervente cattolica vicina a Comunione e Liberazione. Alla domanda se un’unica persona, portavoce di una corrente, potesse bloccare un sistema che viene chiesto a gran voce da tutta Europa è seguita oggi la dichiarazione del ministro della giustizia Orlando, che con le sue parole ha sottolineato il vuoto legislativo sull’argomento e ribadito la necessità di colmarlo con una legge giusta e moderna.
Secondo Orlandi il ddl Cirinnà (che interessa le unioni civili) non sta andando avanti in tempi veloci perché le anime sono divise nel mondo politico e non si è ancora affrontata seriamente la questione. Tanto fumo e poco arrosto insomma, ma nel frattempo i giudici del Consiglio di Stato non si sono fatti scrupolo di bloccare la trascrizione dei matrimoni gay conseguiti all’estero, siglando un punto a favore di chi, nel nostro paese, di unioni omosessuali non vuole proprio sentir parlare.
Non si tratta di un semplice obbligo morale, ma di un obbligo giuridico al quale l’Italia deve rispondere, secondo quanto richiesto dalla Corte di Strasburgo il 21 luglio 2015. L’interrogazione ha chiaramente affermato che l’assetto normativo del nostro paese non tutela i diritti di una parte dei cittadini italiani. Orlando ha quindi affermato che ritiene giusto affrontare il tema e che la sentenza della Corte europea richiede che ci si muova in fretta, ma al contempo ritiene ragionevole ricercare un consenso ampio all’interno del governo. Il percorso, secondo il ministro, deve passare dal riconoscimento delle unioni civili per approdare al matrimonio, come è stato fatto anche in Francia, per dare tempo alle persone di esprimersi su questo controverso argomento, che come pochi sa dividere il mondo politico e l’opinione pubblica intera.