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Valeria MariniMeno matrimoni e più unioni di fatto. Questa la fotografia scattata dall’Istat nel nostro paese sulle unioni che è stata resa pubblica nel suo rapporto su matrimoni, separazioni e divorzi all’anno 2014. Secondo il report, le coppie che nel nostro paese convivono sono circa 1 milione, e quasi 650mila sono composte da partner che non si sono mai sposati.

Si tratta di un numero dieci volte superiore a quello registrato venti anni fa, nel 1994, e il dato segue il trend della diminuzione dei matrimoni nel nostro paese, che anche nel 2014 ha subito un buon calo registrandone circa 4.300 in meno rispetto all’anno precedente. Negli ultimi cinque anni le persone si sono sposate raramente, perché la percentuale delle unioni è calata del 76%. Secondo l’Istat la ragione di questo enorme calo va innanzitutto ricercata nella prolungata diminuzione delle nascite, che ha portato inevitabilmente ad una diminuzione dei numeri, ma molte sono le causemoderne‘ che concorrono alla disaffezione al matrimonio.

Fra le molte, è importante considerare la mancanza, parziale o totale di lavoro fra i giovani, un aspetto che spinge i ragazzi a non fare passi avventati, ma anche le problematiche di natura sociale legate alle scelte personali. Anche secondo l’Istat la minore propensione al matrimonio è correlata ai mutamenti sociali che hanno posticipato l’età media della formazione di una famiglia e aperto le strade alla convivenza, che in alcuni casi è preludio al matrimonio, ma che in molti altri rimane tale per tutto il corso della vita.

Le percentuali raccolte dall’istituto rivelano che al nord e al centro Italia prevale il rito civile mentre al sud resiste l’attaccamento al matrimonio religioso. In calo anche i matrimoni misti, che confermano però il dato che vede la maggioranza delle spose straniere e la minoranza dei coniugi italiani, dove una sposa su due è di nazionalità dell’est Europa.

Dopo anni di crescita, il 2014 ha fotografato un assestamento per quanto riguarda i divorzi e le separazioni, con percentuali irrisorie di aumento che si aggirano attorno allo 0.5%. Questo fatto può essere statisticamente ricondotto al fatto che in realtà si celebrano meno matrimoni e quindi minori sono anche le separazioni o i divorzi. E’ inoltre aumentata l’età della separazione, che da 44 anni di media si è assestata sui 47 anni.

carrello-spesa-inflazione-supermercato-671La crisi non da tregua e gli italiani sono sempre più insoddisfatti.

L’ultima ricerca dell’Istat certifica che un italiano su cinque non è “per niente soddisfatto” della situazione economica e più di uno su due ne è “poco soddisfatto”, mentre i “molto soddisfatti” sono meno di due su cento.
L’ultima indagine dell’Istat sul grado di fiducia nel nostro Paese rivela dunque un quadro ancora molto buio, con la crisi che continua a far paura e a pesare sulla vita quotidiana.

La mancanza del lavoro, la precarietà, la difficoltà nel dare una stabilità a sè e alla propria famiglia, la paura del futuro anche per i nostri figli, incide sulla visione generale dell’economia e crea una incertezza di fondo che non induce certo all’ottimismo.

Analizzando meglio i dati della ricerca Istat, si scopre infatti che il 18,7% degli italiani dice di non essere per niente soddisfatto, riferendosi alla sua situazione nel 2013: percentuale che, scorrendo le serie storiche, risulta la più alta da vent’anni, cioè dal 1993.

Rispetto al 2012 la fetta di popolazione sopra i 14 anni delusa dalle condizioni economiche in cui si trova è aumentata (si fermava al 16,8%) e risulta addirittura raddoppiata nel confronto con il 2002 (quando ci si fermava al 9,4%). Tornando al 2013, sommando ai “per niente soddisfatti” anche i “poco soddisfatti” la quota arriva al 58%. Quanto ai “molto soddisfatti”, la loro percentuale è molto diminuita, toccando un poco significativo 1,9%.

pensione-calcoli_CORBIS_258Secondo l’ Istat – l’importo medio delle pensioni è più basso tra le donne (8.965 euro contro 14.728) e si riflette in un più contenuto reddito pensionistico medio, pari a 13.569 euro contro i 19.395 degli uomini. Le donne sono il 52,9% dei beneficiari ma agli uomini va il 56% della spesa.

Oltre la metà delle donne (52%) percepisce meno di mille euro, contro un terzo (32,2%) degli uomini. E’ quanto risulta dalle rilevazioni Istat sul 2012.
Inoltre il numero di uomini (178 mila) con un reddito pensionistico mensile pari o superiore a 5.000 euro è cinque volte quello delle donne (33 mila). Le disuguaglianze di genere – rileva l’istituto – sono più marcate nelle regioni del Nord, sia rispetto agli importi medi delle singole prestazioni sia in relazione al reddito pensionistico dei beneficiari.

E’ al Nord Italia il maggiore divario di genere nei redditi pensionistici. Lo rileva l’Istat spiegando che gli uomini percepiscono importi più elevati delle donne su tutto il territorio nazionale, ma in alcune regioni si registrano diseguaglianze più marcate. La Liguria è la regione in cui il reddito pensionistico degli uomini presenta lo scarto maggiore rispetto a quello delle donne (è del 53,9% più elevato), seguita da Lazio (52,1% in più), Lombardia (51,8%) e Veneto (51,6%).

Le regioni in cui si registrano invece le minori disuguaglianze di genere sono quelle meridionali. Le differenze più contenute si osservano in Calabria (gli uomini percepiscono redditi pensionistici del 19,9% più elevati rispetto a quelli delle donne), Basilicata (26,7% in più) e Molise (29,4%).

Italia-alto-rischio-povertàDal rapporto sulla coesione sociale svolto da Istat, Inps, ministero del Lavoro emerge che l’Italia è sempre più alto il rischio povertà. Dal rapporto Istat si registra che l’indicatore sintetico “Europa 2020” è cresciuto dal 26,3% del 2010 al 29,9% del 2011. La variazione negativa di 3,3 punti percentuali è la più elevata registrata nei Paesi dell’Ue. Oltre due milioni e 700mila sono le famiglie che vivono in condizione di povertà relativa che rivela alcuni segnali di miglioramento in particolare fra gli anziani; anche se le condizioni economiche più critiche si conservano soprattutto nel Mezzogiorno, dove risulta relativamente povero il 24,9% degli anziani (7,4% quelli assolutamente poveri).

Le persone senza dimora rappresentano lo 0,2% della popolazione regolarmente iscritta presso i comuni considerati dall’indagine Istat, ed in questo gruppo sono inserite persone non iscritte in anagrafe o residenti in comuni diversi da quelli dove si trovano a gravitare. Sono senza dimora per lo più uomini (86,9%) e la maggioranza di loro ha meno di 45 anni (57,9%), nei due terzi dei casi hanno conseguito al massimo la licenza media inferiore mentre il 72,9% dichiara di vivere solo. In quasi sei casi su dieci si tratta di stranieri; inoltre la distribuzione delle persone senza dimora sul territorio italiano dipende sostanzialmente dalla loro concentrazione nei grandi centri: Milano e Roma accolgono infatti  il 71% delle persone senza dimora.

 

Italia: sempre più alto il rischio povertà, infatti circa otto milioni di pensionati percepiscono un assegno sotto i mille euro. Il 75% dei pensionati percepisce solo pensioni di tipo invalidità, vecchiaia e superstiti, il restante 25% riceve pensioni di tipo indennitario ed assistenziale, eventualmente cumulate con pensioni “classiche”. Il 28,3% dei pensionati risiede nel Nord Ovest, il 20,1% nel Nord Est e nel Centro, il 21,2% nel Sud e il 10,2% nelle Isole.