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babyaidsEra il marzo di un anno fa quando una bambina sieropositiva trattata a sole 30 ore dalla nascita con farmaci antiretrovirali fino ai 18 mesi, dopo oltre un anno di sospensione del trattamento non presentava più tracce del virus e i medici del centro del Mississippi che l’aveva in cura avevano potuto annunciare al mondo che la piccola era completamente guarita.

Molte famiglie in tutto il mondo, che stanno vivendo lo stesso dramma di “Mississippi Baby”hanno cominciato a sperare e a crederci.
Purtroppo però, la piccola è tornata ad avere nel sangue tracce del virus Hiv responsabile dell’Aids.
Un mese fa durante una visita di routine il virus è riapparso nel sangue della bambina. L’esame è stato ripetuto e ha confermato il risultato e la piccola ha dovuto riprendere la terapia antiretrovirale.

“Il fatto che questa bambina sia stata in grado di rimanere senza antiretrovirale per due anni e mantenere il virus quiescente per quel periodo è senza precedenti”, ha detto Deborah Persaud uno dei due esperti di Hiv coinvolti nella analisi in corso. “In genere, quando il trattamento viene interrotto, i livelli di Hiv risalgono nel giro di settimane, non di anni”.

“Una grande delusione”, ha riconosciuto Anthony Fauci, uno dei massimi esperti di Aids negli Usa e direttore del National Institute of Allergy and Infectious Diseases (Niaid), “È un momento di sconforto per questa bambina, per il personale medico coinvolto nelle cure e per tutta la comunità di ricerca sull’Hiv/Aids”.

Agli infettivologi il compito di capire che cosa può essere successo. I farmaci antiretrovirali, infatti, possono tenere il virus sotto controllo nel sangue, ma l’Hiv avrebbe dei serbatoi – nell’intestino e nel cervello – in cui può nascondersi. I medici avevano sperato che il trattamento farmacologico entro poche ore dalla nascita avrebbe impedito a tali serbatoi di formarsi. Ma così non è stato.
“Scientificamente questo ci ricorda che abbiamo ancora molto da imparare circa la complessità di infezione da Hiv e dove il virus si nasconde nel corpo”, ha concluso il prof. Fauci.
“Mississippi Baby” aveva contratto il virus dalla madre, che aveva scoperto di essere infetta solo durante il parto.

ebola-afp-gettySecondo gli ultimi dati diffusi dall’Oms da gennaio la malattia ha colpito 759 persone provocando la morte di 467 persone nei tre paesi. Un vertice di emergenza è stato organizzato dall’Oms per stabilire un protocollo comune in tutta l’area. L’Organizzazione mondiale della sanità ha deciso di aprire un centro di coordinamento in Guinea per gestire l’emergenza e ha mandato nella regione circa 150 operatori sanitari per contenere la malattia. Ma, secondo l’organizzazione, è necessario un impegno forte da parte delle istituzioni locali.

Guinea, Sierra Leone e Liberia sono al centro dell’epidemia causata dal virus Ebola. In Guinea da marzo ci sono stati 413 casi e 303 morti. In Sierra Leone 239 casi e 99 morti. In Liberia 107 casi e 65 morti.

La portata attuale dell’epidemia non ha precedenti in termini di distribuzione geografica, persone colpite e decessi. Il virus si manifesta con febbre alta, diarrea, vomito, affaticamento e talvolta emorragie: con un tasso di mortalità del 90 per cento è uno dei più contagiosi e letali per l’essere umano, dato che non sono stati ancora trovati né vaccini, né cure.

Il periodo di incubazione del virus – che varia da due giorni a tre settimane – complica la situazione, rendendo impossibile individuare i nuovi casi quando i sintomi non si sono ancora manifestati. L’infezione si trasmette tra gli esseri umani al contatto con i fluidi corporei, come sangue o secrezioni, anche nel caso di persone defunte.

Secondo quanto riferito dall’Oms,  l’allarme è serio: il nuovo ceppo del virus, infatti, sembra essere il più cattivo degli ultimi anni, tanto da portare la mortalità da sette a nove casi su dieci.

“Abbiamo già avuto a che fare con epidemie di Ebola e siamo stati in grado di fermarle. Questa è una sfida maggiore perché interessa tre paesi e ci sono dei piccoli focolai diffusi. Ma i principi sono gli stessi. Possiamo fermare l’epidemia di Ebola, ma devono essere osservate cinque misure fondamentali”. Le regole da osservare sono state elencate durante la riunione dei ministri della Salute di 11 paesi africani durante un meeting di due giorni ad Accra, in Ghana. Tra le misure, una serie di raccomandazioni ai paesi interessati e la costituzione di un fondo d’urgenza da 7 milioni di euro.

foto-3La vista di un bambino di 7 anni è stata salvata grazie a un trapianto di cornea artificiale, avrebbe purtroppo perso la vista dell’occhio destro a causa di un trauma che lo aveva già costretto a subire numerosi interventi.

L’eccezionale operazione è stata eseguita, nel maggio scorso, da Luca Buzzonetti, responsabile della Struttura complessa di oculistica dell’ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Palidoro e dalla sua équipe. Si tratta del primo intervento del genere effettuato nella struttura e uno dei pochissimi realizzati finora al mondo su pazienti pediatrici.

Per l’operazione sono stati inoltre consultati i chirurghi del Mass Eye & Ear Boston Keratoprothesis Center, ad oggi principale Centro internazionale per questo particolare tipo di chirurgia a livello mondiale, e dopo un’approfondita valutazione, considerata soddisfacente la risposta funzionale dell’occhio del bambino, il team di specialisti del Bambino Gesù guidato da Buzzonetti ha deciso di procedere con il trapianto.

L’alternativa sarebbe stata un intervento totalmente demolitivo. Regolare il decorso post-operatorio del piccolo paziente, che a distanza di pochi giorni ha potuto riprendere la sua vita normale.

La cornea artificiale è paragonabile a una lente simile ad una cornea naturale. E’ composta in parte da tessuto sintetico, in parte da tessuto umano.

La peculiarità di questo tipo di trapianto è che non può dare rigetto, mentre è elevato il rischio di infezione. Tale rischio è maggiore tra i bambini perché meno in grado degli adulti di tenere sempre pulito e protetto l’occhio al quale, dopo l’operazione, viene applicata una lente a contatto in modo permanente.

Frankie Mould, bambino inglese di appena 18 mesi,  è riuscito finalmente a salvarsi dopo aver combattuto contro una atroce e pericolosa infezione provocata da un insetto carnivoro. Il batterio letale, di cui l’insetto era portatore, ha provocato nel bambino una forma molto acuta di fascite necrotizzante. In pratica un pò al giorno la sua pelle e i suoi muscoli venivano completamente divorati dall’insetto, provocando dalle piaghe orribili e doloroso. Il piccolo Frankie è stato posto sotto coma farmacologico per nove giorni e sottoposti ad una serie di operazioni, dove venivano prelevati lembi di pelle sani per poi essere trapiantati nelle zone della schiena e delle gambe, ricoperti di piaghe.

La madre racconta di essersi accorta di una piccola ferita sulla schiena, giunta in ospedale la diagnosi è stata precoce e drammatica. L’intervento dei medici è stato tempestivo ed efficace.

Oggi Frankie, dopo sei settimane di ospedalizzazione è stato dimesso e sta meglio. Una vicenda che i medici non hanno esitato a definire “un miracolo”.