La parola fallimento, soprattutto se applicata a enti ed istituzioni locali, ha certamente un sapore strano. In Italia, Comuni e Regioni, tecnicamente non possono fallire. Negli Stati Uniti, invece, la città di Detroit dovrà subire una procedura in tutto simile a quella di una qualsiasi azienda privata in bancarotta, con annesse svendite e licenziamenti di personale.
Jefferson North, il bianchissimo stabilimento nella parte nord-orientale della città dove si producono le Jeep Grand Cherokee della Chrysler, lavora a pieno ritmo. Ma quello stabilimento è l’unico attivo nell’area urbana della città. Gli altri impianti della rinascita dell’industria Usa dell’auto – Ford, Chrysler e General Motors – sono fuori dal perimetro di Detroit e non contribuiscono al suo esangue bilancio.
Anche questo spiega il perché della bancarotta, la prima di una grande metropoli nella storia americana. Una città Detroit segnata da trasformazioni del suo tessuto produttivo e sociale che l’hanno letteralmente svuotata: dai quasi due milioni di abitanti del 1950 ai 700 mila attuali.
Andare da Jefferson North fino al vecchio centro degli uffici municipali significa attraversare l’inferno di interi isolati di case unifamiliari abbandonate e bruciate ma anche quartieri della speranza come quello di Woodward Avenue, rinato attorno a due società non automobilistiche di successo, Compuware e Quicken Loans: zone spettrali e parchi con spiagge finte e orchestrine jazz che suonano sotto gli spruzzi degli umidificatori, nella calura estiva. Ma l’immagine che ti resta attaccata addosso è quella degli incendi dolosi. Che hanno anch’essi qualcosa a che fare con la decisione di imporre una svolta drammatica all’amministrazione della città: vedere una casa che brucia nella notte è uno dei passatempi preferiti dalle bande giovanili di Detroit. Che non lo percepiscono più nemmeno come un reato. In questa città con più di 80 mila case abbandonate gli incendi sono oltre cinquemila l’anno, 14 al giorno. Polizia e pompieri, a ranghi ridotti per i tagli di bilancio, riescono a fare qualche indagine solo in un caso su cinque.
Uno stato d’abbandono cavalcato dal governatore del Michigan, Rick Snyder nel momento in cui annuncia lo stato d’emergenza: «La città era paralizzata da troppo tempo, senza più risorse, coi servizi ridotti all’osso. Adesso potremo mettere un punto fermo. Ci saranno sacrifici, certo, ma è anche l’occasione per un nuovo inizio, per restituire i servizi pubblici a una città che vuole rinascere».