Continua il contagio da Ebola, almeno negli Stati Uniti, tra coloro che hanno avuto contatti con il cosiddetto ‘paziente zero’, deceduto qualche giorno fa. Oggi infatti una seconda infermiera in Texas è risultata positiva al test del virus Ebola, come riferito dal dipartimento dei servizi sanitari locale. E’ già il secondo caso del Texas Presbyterian Hospital di Dallas. Anche questa seconda infermiera ha avuto dei contatti con Thomas Duncan. Ci sono, purtroppo, forti possibilità che il contagio si diffonda in Texas, dove al momento sono state messe sotto controllo 75 persone entrate in contatto con il paziente liberiano.
Il bilancio dell’epidemia, per ora, giunge a 8914 casi, e si pensa raggiungerà i 9mila casi entro la settimana corrente. I decessi sono circa la metà, con una mortalità quindi del 50%. Intanto, in Europa, un contagiato è morto in Germania, il primo caso di decesso del Paese; era un dipendente africano dell’Onu portato a Lipsia direttamente dalla Liberia. Rientrato l’allarme a Bruxelles, invece; in Colombia un uomo ha manifestato sintomi preoccupanti, ma non c’è per ora alcuna conferma.
Intanto, come riporta un comunicato dell’European Center for Diseases Control, è necessario «rafforzare e rendere più efficaci i controlli in uscita dai tre Paesi focolai di ebola». L’Onu e il suo Consiglio di Sicurezza oggi si è riunito per discutere del contagio e della possibile pandemia: si pensa a nominare una sorta di superministro per affrontare l’emergenza Ebola, come richiesto dal Presidente degli Stati Uniti Barack Obama. Sempre nella giornata odierna si terrà un colloquio tra Obama, Renzi, Merkel, Hollande e Cameron per discutere anche dell’emergenza Ebola.
Polemiche intanto al Presbyterian Hospital di Dallas, poiché gli operatori sanitari hanno sostenuto che non erano state fornite loro indicazioni su come trattare il paziente zero, Duncan. La versione ufficiale è un’altra, cioè che esistesse un ben preciso protocollo. «Il Cdc dice che il protocollo è stato violato ma le infermiere dicono che non c’erano protocolli», afferma Roseann DeMoro, capo del sindacato nazionale delle infermiere.