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cambiamento climaticoSono stati resi noti i dati contenuti nel rapporto dei 58 paesi che rappresentano il 90% delle emissioni di gas nel mondo, curato dall’associazione Germanwatch. Si tratta del Climate Change Performance Index, un report che contiene le politiche adottate dai singoli Stati, le qualità dei livelli di emissioni e i tassi di energia rinnovabile che interessano i vari paesi. Il problema climatico che sta affondando il pianeta può quindi contare su dati certi, descritti in un report che mostra i punti deboli e i punti di forza delle singole nazioni.

Il report non ha messo nessuno sul podio, e il quarto posto è stato aggiudicato dalla Danimarca, Stato da sempre virtuoso sotto il punto di vista della salvaguardia dell’ambiente, ma che alla luce delle ultime restrizioni ambientali volute dal governo di centro destra ha fatto un bel passo indietro rispetto al passato. Segue la Gran Bretagna, nazione dove le notizie positive arrivano dalla volontà di voler chiudere le centrali alimentate da carbone nell’arco dei prossimi dieci anni e che dimostra però un buon taglio delle emissioni di Co2 a causa della delocalizzazione industriale che il paese sta vivendo.

Interessante è la lettura del rapporto per quanto riguarda i paesi arabi, in quanto il primo paese extraeuropeo che si incontra in classifica è il Marocco, piazzato al 23esimo posto in quanto forte di una legge che vuole imporre il 42% di energia come frutto delle rinnovabili. All’ultimo posto della classifica si è invece posizionata l’Arabia Saudita, decisa a sfruttare il suo petrolio fino all’ultima goccia, ma che si sta avvicinando alla concezione delle energie rinnovabili seppur con lentezza.

E l’Italia? La nostra nazione si è posizionata all’undicesimo posto nella classifica, forte di un sesto posto conquistato nell’impiego delle energie rinnovabili, ma penalizzata da un 51simo posto ottenuto per il giudizio sulle politiche energetiche nazionali. L’Italia ha decisamente centrato gli obiettivi del protocollo di Kyoto, riducendo le emissioni del 20% e curando la crescita economica nel settore delle energie rinnovabili. Questo fatto ha condotto la nostra nazione ad aggiudicarsi un posto notevole nella classifica dei paesi virtuosi, ma che si propone solamente come l’inizio di una continuità che chiede di essere portata aventi e monitorata nel corso del tempo.

ebola zuckerbergLunedì 30 novembre ha preso il via la Conferenza Mondiale sul Clima di Parigi, fra divieti di manifestare e massima allerta. La città ha retto bene il fermento di questi giorni così importanti, i quali hanno accomunato i leader politici dei paesi del mondo per trovare accordi seri e stabili in materia climatica. L’occasione è stata interessante perché ha visto per la prima volta riunirsi i big dell’high tech, impegnati in raccolte e imprese a sfondo climatico decisamente degne di nota.

Il ‘gruppone’ di super big della tecnologia del giorno d’oggi è stato capitanato da Bill Gates, da molto tempo schierato nelle battaglie contro il cambiamento climatico. Il fondatore di Microsoft ha scelto la Conferenza di Parigi per lanciare il suo programma Breaktrought Energy Coalition, una sorta di pool di aziende e di esperti che desiderano spingere i migliori progetti legati all’innovazione nel settore della green energy.

All’elenco degli attivisti pronti ad impegnarsi assieme a Bill Gates compare Mark Zuckerberg e il suo Facebook, il quale ha dichiarato lo scopo comune di rendere accessibili le energie pulite anche ai paesi in via di sviluppo. Si tratta dell’unica arma che può combattere l’inquinamento globale, in quanto i paesi più poveri sono allo stesso tempo i più inquinanti, non per volontà ma per mancanza di risorse e di cultura sull’argomento.

Anche Jack Ma e il suo Alibaba, Jeff Bezos di Amazon, Richard Branson di Virgin e George Soros e Meg Whitman di Hp rientrano fra il gotha che ha scelto di unirsi alla battaglia ambientalista di Bill Gates, unendosi ad un progetto che intende unire le forze tecnologiche in nome di un salvataggio del pianeta che sembra essere possibile ora o mai più.

Quali sono i piani concreti dei big dell’high tech? La parola chiave è investimento, perché solo investendo in progetti dall’animo green i fondatori e i detentori del potere tecnologico del mondo potranno dare il via a progetti di economia ambientale efficaci. Il tutto può essere considerato come un apripista di non poco conto alla vigilia della firma di un accordo fra Stati che può impegnarsi a salvare il pianeta. Il messaggio è quindi chiaro: se la tecnologia guarda verde è meglio che lo facciano anche gli Stati, perché in questa direzione si sta muovendo il settore economico che conta nel mondo al giorno d’oggi.

small_140608-195030_to080614est_0809-638x425Città del Vaticano – Papa Francesco ha telefonato stamane alle 10 al presidente di Israele Shimon Peres e alle 11.30 al presidente di Palestina Mahmoud Abbas (Abu Mazen) “condividendo le sue gravissime preoccupazioni nell’attuale situazione di conflitto che coinvolge in modo particolare la Striscia di Gaza”. Lo rende noto il Vaticano in un comunicato.

“Facendo seguito all’accorato appello a continuare a pregare per la pace in Terra Santa di domenica scorsa, stamattina il Santo Padre Francesco ha telefonato personalmente al Presidente Shimon Peres e al Presidente Mahmoud Abbas, condividendo le sue gravissime preoccupazioni nell’attuale situazione di conflitto che coinvolge in modo particolare la Striscia di Gaza e che, in un clima di crescente ostilità, odio e sofferenza per i due popoli, sta seminando numerosissime vittime e dando luogo ad una situazione di grave emergenza umanitaria”, si legge nel comunicato.

“Come aveva fatto durante il Suo recente pellegrinaggio in Terra Santa e in occasione dell’invocazione per la pace l’8 giugno scorso”, quando Peres e Auu Mazen si sono riuniti con Jorge Mario Bergoglio in Vaticano, “il Santo Padre ha assicurato la Sua incessante preghiera e quella di tutta la Chiesa per la pace in Terra Santa e ha condiviso con i Suoi interlocutori, che considera uomini di pace e che vogliono la pace, il bisogno di continuare a pregare e di impegnarsi per far sì che tutte le parti interessate e quanti hanno responsabilità politiche a livello locale e internazionale si impegnino per far cessare ogni ostilità, adoperandosi in favore di una tregua, della pace e della riconciliazione dei cuori”.