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13L’Italia è in recessione le imprese italiane chiudono, ma ci sono imprenditori nel nostro paese che sembra non abbiano sentito la crisi economica. Sono le imprese guidate da stranieri, che tra il 2012 e il 2013 sono aumentate del 3,1%, hanno toccato in valore assoluto quota 708.317. Sopratutto l’imprenditoria cinese, che cresce del 6,1% a fronte del -1,6% di quella italiana.

I settori maggiormente interessati dalla presenza degli imprenditori cinesi sono il commercio, con quasi 24.050 attività (con un buon numero di imprese concentrate tra i venditori ambulanti), il manifatturiero, con poco più di 18.2000 imprese (quasi tutte riconducibili al tessile-abbigliamento e calzature) e la ristorazione-alberghi e bar, con oltre 13.700 attività.

Ancora contenuta, ma con un trend in salita molto importante, è la presenza di imprenditori cinesi nel settore dei servizi alla persona, ovvero tra i parrucchieri, le estetiste e i centri massaggi: il numero totale e’ di poco superiore alle 3.400 unita’, ma tra il 2012 ed il 2013 l’aumento e’ stato esponenziale: +34%.

“Sebbene in alcune aree del Paese esistano delle sacche di illegalità che alimentano il lavoro nero e il mercato della contraffazione – rileva il segretario Cgia Giuseppe Bortolussi – non dobbiamo dimenticare che i migranti cinesi si sono sempre contraddistinti per una forte vocazione alle attività di business. I cinesi, infatti, nel momento in cui lasciano il Paese d’origine, sono tra i migranti più abili nell’impiegare le reti etniche per realizzare il loro progetto migratorio che si realizza con l’apertura di un’attività economica”.

lavoro_dignitaDopo i dati dell’Istat e di Bankitalia che certificano l’allontanarsi della ripresa e l’impatto quasi nullo degli 80 euro elargiti dal governo, ieri è stata Confindustria a mettere il dito nella piaga.
Nelle regioni del Sud, dove fare l’imprenditore è quasi una scelta eroica e dove i finanziamenti, quando arrivano, sono inghiottiti dalla malavita o si perdono in mille rivoli clientelari, la crisi sta producendo una desertificazione imprenditoriale.

Per gli effetti durissimi del periodo nero dell’economia sul sistema finanziario e produttivo del Mezzogiorno: il pil è in calo di 47,7 miliardi, le imprese sono quasi 32 mila in meno, i posti di lavoro persi sono più di 600 mila con 114 mila persone in cassa integrazione.

Lo stato di salute tracciato dal Check Up Mezzogiorno elaborato da Confidustria e Srm-Studi e ricerche parla chiaro: l’economia meridionale è in gravi condizioni. Da gennaio hanno chiuso i battenti 573 imprese al giorno.

Anche gli investimenti, sia pubblici che privati, tra il 2007 e il 2013 sono diminuiti di circa 28 miliardi, con un calo che oscilla tra il 34% e il 47% per l’industria in senso stretto, e attestato al 34% nell’agricoltura e nella pesca, settori di eccellenza del Mezzogiorno.
In questo quadro negativo ci sono però delle note positive: le esportazioni nel 2013 hanno registrato, rispetto al 2007, una crescita del 2,7%; crescono le società capitali (+3,2% rispetto al 2013) e quelle aderenti a contratti di rete (circa 1600), in sviluppo anche le imprese avviate da giovani (50 mila registrate nel 2013); infine, sul fronte del turismo, in alcune regioni sono aumentati i turisti stranieri.

“Occorre un robusto intervento per amplificare al massimo questi segnali positivi attraverso due azioni convergenti: da un lato è necessario attuare riforme istituzionali e strutturali e dall’altro queste riforme devono essere sostenute da una politica economica orientata allo sviluppo” si sottolinea nel rapporto Confindustria.