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131204130551-facebook-password-620xaUn gruppo di ricercatori americani della Cornell University e della University of California di San Francisco, ha ha condotto un vasto esperimento psicologico su quasi 700 mila utilizzatori del più popolare social network, Facebook,  alterando in parte le informazioni da loro comunicate per vedere se il “contagio emotivo” si verifica anche a distanza.

I ricercatori hanno cambiato l’algoritmo che determina cosa viene mostrato nella bacheca di 689,003 persone, che sono state divise in due gruppi, per un totale di oltre tre milioni di aggiornamenti.
Ad uno dei due gruppi venivano mostrati post positivi, con parole come “amore”, “bello”, “dolce”, mentre all’altro apparivano post negativi, con parole come “antipatico”, “dolore”, “brutto”.
È così venuto fuori che i due gruppi hanno reagito a loro volta postando messaggi dal contenuto negativo o positivo a seconda dei post che avevano ricevuto.

“Abbiamo anche osservato l’effetto di astinenza, le persone che sono state esposte a un minor numero di post positivi nel loro News Feed, hanno prodotto una serie di contenuti e aggiornamenti di stato generalmente meno positivi”.

“Gli stati emotivi si possono trasmettere per un fenomeno di contagio, inducendo altre persone a provare le stesse emozioni senza che ne siano coscienti”, hanno affermato gli autori della ricerca, che ha mostrato “la realtà di un contagio di massa attraverso il social network”.

In un post pubblico su Facebook, uno dei co-autori dello studio ha risposto alle polemiche suscitate, ammettendo che le motivazioni della ricerca non erano chiaramente espresse.: Adam D.I. Kramer, che è anche membro del Data Science team del social network, ha spiegato che “all’origine c’è l’impegno a migliorare il prodotto, cercando di capire il reale impatto emotivo sugli utenti.

In particolare, ha scritto Kramer, i ricercatori hanno ritenuto importante studiare l’influenza dei commenti positivi e negativi, sottolineando come questi ultimi lascino alle persone una sensazione di esclusione, che potrebbe spingerle a evitare l’uso di Facebook”.