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E mentre in Libia si sta assistendo ad una battaglia cruenta e con un’immigrazione sempre più forte e presente, con dozzine di morti ogni giorno, in altre regioni i colpi d’arma da fuoco continuano a farsi sentire. Anche in Ucraina.

Ma non era stato firmato un patto di pace? Un cessate il fuoco valido per entrambe le fazioni? Inizialmente sembrava così e il ritiro d’armi pesanti s’è incominciato a vedere ma purtroppo le battaglie non hanno avuto termine e si dice che alcune sono ancora in corso. L’America ha così accusato la Russia d’aver violato il cessate il fuoco, anche con gli scambi di vario genere per tacere gli aspri scontri che erano in corso.

Ma purtroppo non è finita qui. Le varie fonti informative annunciano che a Debaltseve ad esempio ci sono ancora battaglie molto serrate, che vanno anche di quartiere in quartiere. Un possesso che va di strada in strada, per un territorio che pare vitale. Ed in effetti questo punto è un importante snodo ferroviario che unisce le roccaforti Donetsk e Lugansk. Decine e decine di soldati si sono arresi e hanno smesso di combattere, ma migliaia sono ancora circondati da ribelli che non hanno smesso di combattere e devono difendersi di conseguenza.

Kiev sostiene che anche diversi Ucraini sono stati fatti prigionieri e non sono stati annunciati, ma resi pubblici solo come “soldati arresi” alle news locali. Si parla di quasi un centinaio di persone che forse non verranno più viste, mentre tante altre persone sono rimaste ferite negli scontri.

E così pare che il patto di pace non verrà rispettato. Urgono perciò ulteriori soluzioni, qualcosa che non ci faccia incedere in un intervento militare aggiuntivo da parte di altri stati. Abbiamo già in effetti a che fare con un’altra potenza che ci minaccia – che è l’Isis – e naturalmente è bene non aprire altre battaglie per non far esplodere una guerra più grave per tutti.

La battaglia politica infuria proprio alla fine del nostro anno, forse uno dei più sofferenti della storia italiana. Mentre si sequestrano più di 100 milioni di euro di conseguenza al caso della mafia capitale, Napolitano sta mettendo in chiaro come le dimissioni da capo dello stato si fanno sempre più imminenti. Non c’è una data esatta ma non è né tanto presto e nemmeno tanto lontano. Insomma, si parla di aria di cambiamento ma ormai fra gli italiani c’è una divisione d’indifferenza e rabbia.

Giorgio Napolitano: lo vedremo, a fine anno, al Quirinale non come una persona che compie una sorta di rito di passaggio in maniera leggera, a rendere noto il passaggio del tempo. Ma come una persona che deve comunicare la sua vicina dipartita in qualità di capo di stato, a monito che la nostra è una situazione difficile e chiunque deciderà di prendere tale posizione deve sapere che non si troverà con nulla di facile nelle proprie mani.

Grillo: “Non dovrebbe dimettersi ma costituirsi” secondo le sue parole, dure verso Napolitano. Un attacco tipico dalla sua parte, di un partito che non ha mai smesso di smuovere le acque e dire sempre la sua, ma che non ha fatto ancora molta differenza per le nostre regioni.

Lo stesso Salvini si è così espresso “Fine mandato imminente? Non piangerò”, sottolineando come a buona ragione, ci sono un sacco di motivi per non farne una tragedia e che naturalmente si potrà cercare qualcuno migliore per riportare l’Italia in una nuova situazione di progresso in tutti i campi.

E’ perciò tempo di battaglie elettorali, battaglie politiche e scalate al Colle. Renzi che decide di affrontare le “sfide” dell’unione europea e Grillo che va contro l’euro. I partiti iniziano perciò a dividersi già da adesso e a rendere chiari gli obiettivi per i quali combatteranno serratamente da qui fino all’elezione del capo di stato. E chissà, magari anche dopo come si è sempre fatto.

Noi italiani prenderemo le nostre posizioni, guarderemo, giudicheremo, e alla fin fine: rimarremo sempre italiani.