Tra i vari talenti di cui potrebbe disporre, certamente Recep Tayyip Erdoğan non ha coltivato quello pur molto importante della diplomazia, o perlomeno questo è quello che dimostrano i fatti degli ultimi giorni. Ma partiamo dall’inizio, e cerchiamo di capire il profilo di questo rapace personaggio: come raccontato da tutti i quotidiani e da pochi portali di informazione sul mondo dell’economia come migliori-investimenti.com, lo scorso 15 luglio 2016 l’esercito turco, da sempre garante della laicità dello Stato, ha tentato un rapido Coup D’Etat per prendere il potere togliendolo dalla rapaci mani di Erdoğan. Come noto egli è il presidente della Turchia e il fondatore del suo principale partito al momento, il Partito per la Giustizia e lo Sviluppo o AKP, che nonostante il nome progressista può essere considerato senza dubbio tra le fazioni più islamiste e conservatrici del Paese.
Egli è indubbiamente la figura politica turca più importante e dominante all’interno del panorama turco, ma innumerevoli volte allo stesso tempo ha dato prova di miopia, mancanza di valori e, non ultima, estrema efferratezza. Erdoğan infatti ha sempre mostrato la sua forte inclinazione a eliminare la concorrenza, fosse l’opposizione laica militare, il progresso europeo, la stampa nazionale o il tanto scomodo partito curdo del PKK, una questione quest’ultima che ha portato verso il premieri turco anche accuse di crimini contro l’umanità. Come anche nel 2013 durante le documentate proteste di Piazza Taksim la reazione del governo non è stata tra le più tolleranti, come registrato dai media internazionali, lasciando non pochi dubbi circa la coerenza di Erdoğan, che da un lato si presenta come paladino del libero pensiero e del progresso, dall’altro sembra non avere pietà per chiunque o qualsiasi cosa si metta sulla strada tra lui e il potere. Tra rimpasti di ministri, aperte critiche all’Unione Europea (“non riconosco il parlamento di Strasburgo”) e ipotetici complotti, in ogni caso egli è riuscito a consolidare la propria posizione, eliminando le opposizioni e arrivando a gestire in maniera dittatoriale il proprio Paese. Si tratta di parole forti, ma che d’altro canto si basano non su congetture ma su fatti provati e consultabili per tutti. Indubbiamente monarchico e contrario alla democrazia, per dare un’idea egli ha in passato più volte portato come esempio di ottima struttura presidenziale quella della Germania nazista..
Un personaggio quantomeno paradossale e controverso dunque, che anche di recente è tornato alla ribalta della cronaca per motivi non molto diversi. Siamo infatti in clima di guerra fredda tra Olanda e Turchia, dopo che il premier olandese Mark Rutte ha deciso negli scorsi giorni di vietare l’atterraggio a Rotterdam del ministro degli esteri turco Mevlut Cavusoglu: quest’ultimo doveva in teoria tenere una conferenza circa l’imminente referendum turco del 16 aprile sulla tanto discussa riforma costituzionale, organizzata da Erdoğan stesso e finalizzata a fornirgli un potere ancora maggiore, di fatto avvicinando il suo presidenzialismo assoluto a una monarchia. Molti leader politici di destra olandesi hanno però gridato allo scandalo di fronte a questa opzione, e davanti a tali tensioni e rischi di disordini anche il primo ministro ha evidentemente preferito tagliare la testa al toro decretando l’atto come una potenziale minaccia all’ordine pubblico. Cavusoglu non ha comunque voluto abbandonare il suo incarico, e ha fatto sapere che intende ritornare a Rotterdam attraverso il confine per via terrestre, dove tuttavia la capace polizia olandese non si è tuttavia fatta trovare impreparata, rimandando l’emissario di Erdoğan in territori tedeschi. In Olanda inoltre mercoledì si terranno le elezioni nazionali, motivo in più per cui il Paese, come già la scorsa settimana ha fatto la Germania, ha deciso di vietare questo tipo di comizi dai contorni e fini politici poco trasparenti, ma il messaggio non pare essere stato recepito dal ministro turco e dal suo governo: gli olandesi infatti stavano cercando una soluzione alternativa per permettere comunque a Cavusoglu di parlare, ma non volendo attendere oltre ad Ankara hanno evidentemente deciso di rimanere fedeli al proprio piano, incuranti dell’opinione del Paese in questione.
A posteriori è inoltre arrivata la “giustificazione” dall’Aja, per la quale “Il governo olandese non ha obiezioni a incontri nel nostro Paese per informare sui temi del referendum, ma questo non deve contribuire ad alimentare tensioni nella nostra società. Chi vuole organizzare incontri deve aderire alle istruzioni delle autorità competenti, in modo che l’ordine pubblico e la sicurezza possano essere garantiti”. Parole miti ed eque, mentre leggermente diversi i toni del premier turco, che dall’alto della sua tolleranza ha bollato in toto gli olandesi come “residui del nazismo e fascisti”, come del resto aveva già definito gli israeliani e i tedeschi per aver osato intralciare il cammino del grande presidente turco. Insomma che il 2016 sia stato l’anno dei populismi è un dato di fatto, ma indubbiamente la questione turca getta diverse ombre sulle prospettive future a livello europeo (la Turchia dal 2005 è in trattaviva con la UE per l’ingresso) e mondiale, specialmente in un momento dove gli equilibri geopolitici sono particolarmente precari come quello che stiamo vivendo. Per ulteriori informazioni e notizie finanziarie a 360 gradi vi invitiamo dunque a visitare il neonato portale di informazione migliori-investimenti.com, sul quale troverete tutti i migliori consigli per investire in sicurezza nel 2017.