“Un eccesso da parte del governo e un passo che minaccia la sicurezza dei nostri clienti”. Queste sono state le parole pronunciate da Tim Cook, Ceo di Apple, in seguito alla richiesta di decrittare il telefono del killer di San Bernardino. La questione si propone alquanto spinosa, perché l’azienda di Cupertino si è opposta all’ordinanza del giudice che ha intimato ad Apple di fornire tutta l’assistenza tecnica del caso, necessaria per decrittare i dati che erano contenuti nell’iPhone del terrorista Syed Rizwan Farook, colpevole di aver assaltato il centro di assistenza di San Bernardino il 2 dicembre dello scorso anno.
Spinosa perché gli interessi in gioco sono molti e, secondo il Ceo di Apple Tim Cook, si tratterebbe di un ‘precedente pericoloso’, di una richiesta che da parte di Apple è stata percepita come un’ingerenza troppo massiva del governo USA. Da un lato Apple ha dichiarato che la decisione di opporsi non è stata certamente presa a cuor leggero, ma l’opinione pubblica è subito insorta, a partire dal candidato alla Casa Bianca Donald Trump che ha intimato ad Apple di non ‘tirarsela troppo’ e di iniziare a collaborare con le forze dell’ordine nella lotta contro il terrorismo.
Secondo Cook si tratterebbe invece di un passo che può minare la sicurezza dei suoi clienti e che potrebbe portare a conseguenze che vanno ben oltre la pura decrittazione di un telefono cellulare. Il Ceo di Apple sta infatti guardando avanti, perché se il software cadesse nelle mani sbagliate avrebbe il potere di bloccare ogni telefono o sistema Apple presente in circolazione, con danni incalcolabili per l’azienda e per gli stessi fruitori dei dispositivi.
Anche se il governo degli Stati Uniti ha dichiarato che il controllo sarebbe limitato a questo caso Apple non ci sta, o meglio non si fida, quindi l’azienda ha scelto di portare avanti la sua battaglia in nome della protezione del business e del diritto al controllo che può esercitare sui software di sua esclusiva produzione.