Ieri sera i lampeggianti blu della polizia hanno finalmente illuminato il quartiere della Bagheria a Palermo, considerato da tutti la roccaforte della mafia, il luogo simbolo di una città che con il pizzo e le estorsioni deve convivere dalla notte dei tempi. Il provvedimento di arresto per 22 persone è scattato, infatti, nel cuore della notte, e secondo chi vive nel quartiere questo è simbolico di 25 anni di vita quotidiana, di paure e di malavita che si sono respirate fra le mure del rione.
A scrivere i 22 nomi delle persone che sono state arrestate è stata la gente che vive alle porte di Palermo, perché 36 commercianti e imprenditori hanno denunciato anni di ricatti passati a pagare il pizzo ai boss locali. Si tratta di una scelta che non ha precedenti, iniziata da tre imprenditori locali che si sono presentati in veste spontanea dai carabinieri del nucleo investigativo del comune di Palermo. A seguito delle dichiarazioni e alle dichiarazioni del pentito Sergio Flamia, sono quindi scattate le manette per 22 estorsori, che da anni minacciano e mettono in ginocchio la vita degli abitanti del quartiere.
Secondo il colonnello Salvatore Altavilla, il pizzo è stata una tassa che per anni è stata pagata dagli imprenditori, una sorta di vitalizio dedicato ai boss e alle loro famiglie, che ha gettato sul lastrico tante persone oneste, che si sono indebitate fino al collo per tenere aperta la loro attività e per mettere al sicuro le loro famiglie. Secondo l’arma, sono però tanti gli operatori economici che hanno finalmente detto basta, e che ora si sono decisi a collaborare con la giustizia. Si tratta di imprenditori locali stanchi di subire, forti di una coscienza rinnovata e del fatto che la mafia, a Palermo, sta declinando fra i giovani e anche fra le generazioni passate.