E’ una catastrofe naturale quella che ha colpito ieri l’Afghanistan e il Pakistan, una scossa di 7.5 gradi della scala Richter che ha mietuto ben 280 vittime e che ha lasciato un oceano di macerie e di problemi su una terra già martoriata dalle guerre e dalla povertà. Il terremoto ha colpito la regione dell’Hindu Kush, che è rimasta isolata e priva di corrente, ma tanta paura è stata avvertita anche a Kabul e a Islamabad.
Fare il conteggio delle vittime di un sisma è sempre difficile, tanto più se si tratta di terre martoriate da guerre e dalla povertà come quelle asiatiche. Ieri un potente terremoto si è scagliato sulla regione, interessando ben tre stati: l’India del Nord, il confinante Pakistan e l’Afghanistan, e ora i governi hanno chiesto lo stato di emergenza e mobilitato gli eserciti per prestare i primi soccorsi e mettere in sicurezza gli edifici che non sono crollati, ma che si rivelano pericolanti per gli abitanti.
Il sisma è iniziato a Kabul verso le 14.30 ora locale e i palazzi hanno iniziato a tremare e i cittadini a scappare nelle strade. Secondo l’Usgs, l’istituto sismologico americano, e stando a quanto confermato dall’osservatorio di Hong Kong e dal Dipartimento Meteorologico Indiano, l’epicentro è stato registrato in una zona della catena di montagne dell’Hindu Kush, ad una profondità di 196 chilometri nel sottosuolo.
Le fonti ufficiali parlano di 230 vittime iniziali, ma si tratta purtroppo di un bilancio provvisorio, che si appresta crescere ora dopo ora. Le località montuose della regione, che si trova al confine con il Pakistan, sono rimaste completamente isolate, prive di elettricità e anche del servizio idrico e i feriti nell’area interessata dal sisma ammontano a circa 1.500, concentrati soprattutto nello stato del Pakistan, in particolare nelle zone di Takhar, Nangarhar e Badakhshan.