Altri caccia giordani hanno battuto il territorio del califfato islamico, in onore e rispetto del pilota giordano barbaramente ucciso, come se si trattasse di un’atavica “caccia alle streghe”. Ed è venuta l’ora in cui anche sui giornali islamici si cominciano a seminare le prime parole negative contro l’Isis che nulla ha a che vedere con il credo musulmano. Come per ogni estremismo, di matrice culturale, bisogna riconoscere le devianze per combatterle, creando un fronte comune. Ma il primo atto è quello di riconoscere un comune nemico.
Purtroppo, ormai, non si può cancellare ciò che la bruttura del pensiero e degli interessi sta infliggendo all’umanità, decadente, in quella cupa battaglia che continua ad evocare il dominio occidente-oriente, in un modo illogico e foriero di travisamenti.
Ed è così che l’Isis miete un’altra vittima. Dopo qualche giorno in cui non si sapeva il fato del pilota giordano catturato durante la vigilia di natale, la triste conclusione s’è avverata. Conoscendo la brutalità dei terroristi era quasi ovvia la conclusione, ma la speranza era l’ultima a morire. Quel che nessuno s’aspettava è stata l’esecuzione, esageratamente più brutale di tutte le precedenti. Non vi è stata una decapitazione o un salto dall’alto d’una torre, bensì il pilota è stato bruciato vivo.Non c’è che dire: l’Isis vuole lasciare il segno e terrorizzare.
In un filmato lungo quasi mezz’ora, il pilota viene fatto vedere ancora vivo. Poi viene cosparso di benzina ed infine gli viene dato fuoco. Ancora in ginocchio, si lascia bruciare mentre la vita gli spira via dal corpo. Come già definito dai brutali assassini, questo non era altro che un mortale nemico e veniva perciò ucciso in modo particolare, per dar esempio a tutti. Ma non è forse un “grande nemico” qualsiasi nazione rappresentante di cui hanno decapitato gli ostaggi?
Il punto di quest’esecuzione è, almeno così detto da loro, la guerra che ha portato diversi bombardamenti nelle loro terre accendendo l’odio verso lo stato che ha eseguito questi ordini di invasione. I martiri ripetono continuamente di voler vivere in quell’ideale, senza essere sotto assedio delle associazioni umanitarie o della guerra, ma non mancano pretese di colonialismo. Del resto, la brutalità con la quale è stata messa in atto l’esecuzione non ha davvero nessun tipo di giustificazione, provocando una morte in un orrendo dolore prolungato. Il tutto ha mandato a monte rilascio di Sajida, il quale tramite il suo scambio l’Isis avrebbe risparmiato gli attuali ostaggi: il pilota e il giapponese. Si è così deciso, per tutta risposta, di impiccare e tanto si è fatto i prigionieri che avrebbero fatto parte dello scambio.
E tutto corona con questo duro messaggio: “Rafforzate gli sforzi verso la piaga del terrorismo nei limiti dei propri obblighi sui diritti umani”.