Molte sono le perplessità sulla “volontary disclosure” approvata questo pomeriggio (04/12/2014). Si è come detto: chi non è in regola, fa bene a rientrare ma non entri in clima da condono. D’accordo, il condono è controproducente e lo è sempre stato, dato che forse, nella sua aspettativa, molti hanno preferito attendere prima di regolarizzare la posizione con il fisco. Ma, nel caso si tratti di movimenti di capitali imponenti, come ci si può aspettare che gli stessi siano incentivati, oltre il dovuto, a fare loro il primo passo? Introdotto il reato dell’auto-riciclaggio. Ma cosa è questo auto-riciclaggio? Una serie di domande che sorge spontaneo porsi e che ci porremo.
Autoriciclaggio, vuol dire che chi sposta capitale non è un prestanome
Esatto. La stessa persona che ottiene il denaro, in maniera non certo legale, si occupa della sua gestione e della sua migrazione all’estero. Un concetto, in fondo, abbastanza intuitivo ma non per questo molto corrispondente alla realtà, dove i prestanome predominano. Non certo chi “latita” rende così semplice la sua identificazione, diventando titolare dei capitali e del patrimonio. Comunque, bisognava pur introdurlo il reato di autoriciclaggio.
Riguardo al rientro dei capitali è stata un po’ la pressione “europea” ed internazionale che ha smosso l’Italia su questo punto. I primi passi che sono stati fatti riguardano l’abolizione del segreto bancario in Svizzera. Peccato che tale strada virtuosa non è stata seguita da molti paesi che rientrano ancora nella “black list“. Molti sono i casi di “distrazione” di capitali dal fisco domestico (ed in questo caso, non si denoterebbe reato di autoriciclaggio ma forse di elusione) sfruttando i territori a fiscalità privilegiata, seppur in liceità (ad es. Lussemburgo).
No, non ci si attendono “miracoli” dalla nuova legge sul “rientro di capitali”. Il regime punitivo per chi decide di rientrare può toccare, a seconda dei casi, l’ambito amministrativo e penale, seppur, si afferma, in modo più attenuato. Ma niente condono.