Massimo Bossetti, il muratore di Mapello in carcere dal 16 giugno scorso con l’accusa di aver ucciso Yara Gambirasio, resta in carcere. Il Tribunale di Bergmao ha infatti dichiarato inammissibile la richiesta dei suoi avvocati Silvia Gazzetti e Claudio Salvagni. in quanto non è stata notifica dai proponenti (i legali del carpentiere di Mapello) agli avvocati della parte offesa, come previsto dalle modifiche introdotte l’anno scorso all’articolo 299 del codice di procedura penale. Una decisione che era nell’aria.
Per il processo bisognerà aspettare l’anno prossimo, quando saranno redatte e depositate le perizie tecniche che la procura ha disposto, le quaranta pagine dell’istanza di scarcerazione permettono di anticipare quella che sarà la linea processuale della difesa che cerca di smontare le certezze dell’accusa, soprattutto quella granitica e apparentemente assoluta: il dna di Bossetti sugli slip di Yara.
Gli avvocati chiedono che venga ripetuta l’estrazione del campione genetico.
I difensori insinuano il dubbio: “Chissà, magari c’è stato qualche errore o non è stata seguita la procedura corretta…”. Precisa, l’avvocato Gazzetti: “Io sono codicista e il Codice Penale dice che la prova si forma nel dibattimento”. Vero a metà. Nel senso che in assenza di un indagato, il codice di procedura penale prevede che gli atti investigativi possano essere espletati senza la presenza dei difensori del futuro eventuale indagato. Quindi, quanto fatto finora avrà valore al dibattimento, anche se quel reperto non esiste più.
Improbabile anche riuscire a mettere in dubbio l’operato del Ris di Parma, visto che tutti i tribunali d’Italia proprio al Ris si affidano per le analisi genetiche.
Ma Bossetti si dichiara innocente e fino a prova contraria dobbiamo provare a credergli, e vuole fare di tutto per dimostrarlo, costi quel che costi. Fosse anche l’ergastolo.