Un minore può crescere in modo equilibrato anche in una famiglia omosessuale: questo il giudizio espresso dalla sentenza con cui la Cassazione ha confermato l’affidamento esclusivo di un bimbo alla madre che convive con un’altra donna. Si tratta della prima sezione civile della Suprema Corte che ha per rigettato il ricorso presentato da un padre, di religione musulmana, contro la sentenza con cui la Corte d’appello di Brescia aveva stabilito l’affidamento esclusivo del figlio minore alla madre, ex tossicodipendente, la quale aveva intrapreso una relazione e convivenza con una delle educatrici conosciute nella comunità di recupero. Il padre del minore aveva lamentato la carenza motivazionale sull’idoneità sotto il profilo educativo della famiglia in cui il minore era stato inserito, in quanto formata da due donne. Inoltre i giudici, secondo l’uomo, non avevano approfondito se tale tipo di famiglia potesse “garantire l’equilibrato sviluppo del bambino”.
La Cassazione oggi hanno depositato la sentenza n.601, con la quale è stato bocciato il ricorso, sottolineando che “alla base della doglianza del ricorrente non sono poste certezze scientifiche o dati di esperienza”, ma solo “il mero pregiudizio che sia dannoso per l’equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale”. Una sentenza della Cassazione è stata colto in modo contrastante: l’Arcigay parla di “sentenza storica”, i pediatri ipotizzano invece “gravi rischi psichiatrici”.