Il titolo sembrerebbe quasi un’eresia, ma in un mondo, quello del web 2.0, dove Google, Facebook, Twitter e un’intera legione di compagnie semisconosciute fanno a gara per impossessarsi dei dati personali degli utenti, curiosi di sapere a che ora si collegano, che siti visitino, quali inserzioni convincono maggiormente e quali prodotti vengono maggiormente comprati on line, l’idea di Bernardo Huberman – direttore del Social Computing Research Group degli HP Labs – di creare una borsa in cui quotare i propri dati personali come fossero azioni, non sembra tanto una bufala.
Dal suo punto di vista, occorrerebbe un operatore di mercato, a cui venga data dagli utenti la possibilità di assegnare un vero prezzo alla propria privacy, prima di essere utilizzata. Privacy che invece viene incamerata a tonnellate e gratuitamente da compagnie del tutto insensibili ai diritti dei navigatori virtuali.