Clooney è riuscito a convincere, Polanski ha fatto divertire riuscito a far ridere, Cronenberg invece pare abbia deluso. Il suo film. “A dangerous method”, incentrato sul rapporto fra due grandi maestri della psicoanalisi, Carls Gustav Jung e Sigmund Freud, non sembra aver centrato l’obiettivo, offrendo allo spettatore un’immagine appiattita e semplificata della disputa intellettuale che ha letteralmente rivoluzionato il nostro modo di vedere il mondo. Anche la talentuosa Keira Knightley, che interpreta la parte della collega psicoanalista Sabina Spielrein, sembra molto fuori forma.
Il ruolo dell’attrice è in effetti il cardine attorno a cui ruota tutta la pellicola: prima paziente di Jung, poi seguace di Freud e, nello stesso tempo, amante del primo, interpreta tutte le scene più importanti, che dovrebbero immortalare e rappresentare follia e ossessione, ma che invece, a giudizio dei critici, risultano spesso grottesche e superficiali. La complessità di un rapporto a tre, con tutto il suo carico di equivoci, di segreti e di rancori, viene quindi ridicolizzata e anche due stelle di chiara bellezza come Viggo Mortensen, che interpreta Freud, e Michael Fassbender, che è invece Jung, risultano spente e opache.
Questo film, tratto dallo spettacolo teatrale “The Talking Cure”, sembra avere più uno stile televisivo che cinematografico e ai critici è apparso povero di emozioni, intrappolate in un’architettura troppo complessa, ma priva di profondità.