Ma chi ha vinto veramente? Si tratta di una vittoria della sinistra?
Niki Vendola, con toni molto forti e con una retorica un po’ obsoleta, in una Piazza Duomo gremita di persone e di bandiere rosse ha parlato in questi termini:
“Ha vinto l’Italia dell’eleganza e delle passioni, sconfiggendo la volgarità del berlusconismo e della Lega. Abbiamo espugnato la capitale del nord, che sembrava il fortino e il bottino per sempre consegnato all’egemonia della destra, ma abbiamo conquistato anche la capitale del Sud. Un ciclo si è compiuto. E’ l’Italia che manda a dire a questa classe dirigente che sono diventati sgradevoli.”
Discorso dai termini forti e un po’ guerrafondai per due situazioni in cui il confronto politico non può essere semplicemente e schematicamente ricondotto alla contrapposizione fra destra e sinistra.
Milano è sempre stata infatti una sorta di grande laboratorio, dove si sono sperimentate nuove formule politiche; negli ultimi vent’anni il grande esperimento è stato il berlusconismo, che ha rappresentato per lungo tempo, anche per una certa parte di coloro che si dichiaravano di sinistra, la prospettiva di realizzare una vera nuova società liberale. Lentamente, però, in questi ultimi anni, si è assistito all’ingresso nella vita politica della città di tanti giovani, che non hanno mai visto Milano governata da qualcosa di diverso dal centrodestra e che hanno però condotto la formula politica del berlusconismo ad un punto di rottura. Questi giovani non rappresentano però la sinistra, ma si tratta di un elettorato moderato ed incerto che Pisapia, con un modo del tutto nuovo di rivolgersi alla città, con una retorica ed un atteggiamento inediti, ha saputo far convergere verso di sè, aiutato in questo anche da un certo irrigidimento del centrodestra su formule sicuramente ad effetto (la “zingaropoli” paventata con il passaggio di Milano ad un sindaco “rosso”, la paura delle moschee e dei comunisti), ma che, alla lunga, hanno stancato l’elettorato che gli era stato fedele.
Giuliano Ferrara, grande interprete e sostenitore del PdL e di Berlusconi, ha formulato, molto acutamente, la sintesi delle ragioni della sconfitta del centrodestra. Ferrara ha detto infatti che, per perdere ai ballottaggi, sarebbero bastati il silenzio di Berlusconi, la formulazione di un torrente di parole scompaginate da parte del suo stesso schieramento politico e la proposta di un trasferimento dei ministeri da Roma al nord. tutto questo c’è stato, segno che, come Ferrara ha rilevato, la follia si è praticamente impadronita del centrodestra, che, per questo, è stato abbandonato da molti settori del suo elettorato.
Anche a Napoli ieri c’è stata una grande festa. A festeggiare de Magistris c’erano Di Pietro e Ferrero e c’erano tante bandiere, quasi tutte dell’Italia dei Valori e tante arancioni, il colore che de Magistris, ma anche Pisapia, hanno adottato per dimostrare all’opinione pubblica tutta che il loro modo di fare politica è qualcosa di diverso dalla contrapposizione fra destra e sinistra.
Anche soltanto guardando i numeri, la vittoria di de Magistris non può essere fatta coincidere con una vittoria del centrosinistra: l’Italia dei Valori ha infatti più del doppio dei consiglieri del PdL e molti di più dei consiglieri del PD. Ciò che ha veramente vinto è apparentemente ovunque la grande voglia di fare politica e il desiderio, a livello locale, di fare nuovamente di Milano una città aperta, accogliente e vitale e di Napoli una città che riesce a vincere finalmente la sfida della legalità.
Sono i veri esperimenti politici da tenere sotto controllo e da osservare con grande attenzione e saranno un vero e proprio banco di prova per questi nuovi sindaci, alternativi e “di rottura”, per verificare se saranno veramente all’altezza della situazione.